La luna danzava a passi scuri, era putrida e sincera, la bomba atomica nell'intestino la diresse a fischi metereopatici, gli asteroidi veneziani furono micidiali, rullavano a velocità degne di Mr Mojo Risin. Io volevo solo 1000 lenzuola sulle spalle in una notte di mezza estate, lei aspettava marzo, ci incontrammo in un garage e ritmavamo i battiti del soffitto, ora i Massive Attack, lei come al solito, serpe gentile qual'era, si oppose turbando la mia sensitività dispersa nel muschio.
I bassi gonfiavano le pareti, trascritte da amanuensi sillabici, dolce e candido annaspai nell'aria, soffocando ogni follia. Le frecce son tutte telecomandate, spero che i materassi però si illudano ancora che tutto ciò che accade su di loro sia un rawe casual. Il destino è fra l'ovatta, comodo, scrive alla morte la tua vita. L'essere più inutile dopo me e gli ingranaggi che mi compongono.
Natale sarà caldo il calendario cristiano è bugiardo, le castagne votano i fori dei pearcing e i virus svedesi, le lucciole dicono sì ai vassoi nucleari, noi rischiamo di emarginare le emozioni, rideremo ancora e lo sai delle macchine futuriste infangate fra le ninfe di Inri, vecchio pappone del mio palazzo.
Grazie, dillo. Quando avrai un perché scrivilo sui muri oppure farai come me, mostro reincarnato dopo la morte in un manifesto funebre che parla di te...
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