lunedì 31 agosto 2009

Asa nisi masa

Il terzo braccio che ti accarezzava la vertebra, eravamo flusso di coscienza con dita militari, i nostri sorrisi multietnici si frantumavano nelle scogliere tumultuose, i ricci delle vasche erano dolci serpenti in cerca di Nefertite, tu fantasticavi fra le scritte dei miei muscolosi muri, io m'abbandonavo al mutismo, non litigavamo se non con gli schiaffi, non scopavamo se non con gli artigli, eravamo miserie doganali rifatte da Dio, gli atleti con il fiatone non ci raggiungevano e noi sventravamo le pantere sbavate. Pullulavamo di sudore, eravamo croste deficienti, la felicità di Fellini guidava le nostre anime su autostrade in panne,ritmi avariati e case urlanti, la luce quadrata della stanza, le sbarre in pelle, i suicidi newyorkesi le finestre addobbate a palchi, il cuscino era tritolo, non c'era più spazio per sogni al cloro, qui adesso urge aria, aria, nulla varia a noi basta aria.
La tradizione mai cenere sarà, ci saranno ancora funerali e matrimoni e quanti guai fra le tasche di Dublino, racconteremo di fili interdentali alla mescalina nel nome della rosa sanguineremo con i marinai, arriveremo a un porto ghiacciato, saremo russi e senza fiato, romperemo i finestrini delle auto bruciate dal nostro smog, indosseremo risate, grasse goffe e consumate, saremo carboni per i vostri motori, ammazzeremo le vostre mogli solo così della vita saremo amanti.

martedì 25 agosto 2009

Morte gloriosa (articolo in basso a sinistra)

Era lì a ridere fra i suoi wodoo inutili, abbracciati fra lampade e nastro isolante,la frangetta alla sua età mascherava le rughe e crespa sudava, lei era lì con la sua collana fatta con ossa di militi ignoti, aveva una pesca frantumata ai bordi fra le mani, il locale era deserto ma i suoni erano attivi, gli affari molto meno, il disastro fu quando l'idea di servire al tavolo fumetti per liceali si rivelò nulla lasciando che essi divenissero ottimi filtri per spinelli, questo insuccesso maturato senza il minimo rispetto acuì il suo dolore.
Lei ancora lì a ridere di gusto come se dinanzi vi fosse un clown di quelli allegri sul palcoscenico vivace di colori e armonie e invece la scena recitava cosi: lei/il tavolo/il posacenere pieno/un marciapiede strafatto e una bottiglia alle ultime gocce.
Alcuni ragazzini nel frattempo sgraffignavano thè, birre e caramelle, ritenendosi furbi e capaci. Il cuore di lei cominciò a singhiozzare, un tempo era ballerina di tango oggi non tentava nulla perché il ritmo cambiasse, non vi era motivo, la musica sembrava accompagnarla verso il collasso fatale, il tutto sfumava nella tragicità dell'opera dolce quale i miei occhi stavano assistendo gonfi di petrolio, sudati e inermi, lei pure sfumava nella grottesca provincia in cui si era trasferita, la caduta dalla sedia apparve prevista e il suo volto come da tempo non accadeva si rasserenò e la risata divenne un sorriso in cerca della zolla di terra sognata, la sua morte assunse aspetti leggendari mentre il suo nome fu Wiskey per barboni.

sabato 22 agosto 2009

Ombelico floreale

Piazzo la bomba, scappo, fracido di vergogna, scrollo la menzogna dei suoi occhi con un pesante sospiro, provo a provare sentimenti, soffoco.
Piazzo la piazza ai miei piedi, guascone di periferia annaspo nella letizia autunnale, provo a captarla, a renderla equazione, affogo in una montagna.
Piazzo le cicche nel posacenere, rido e colpevolizzo l'acqua, sudo gratis su un divano piazzato fuori le porte del cielo, sogno, crollo in una nuvola.
Mangio l'olfatto di un caos floreale, spuntano semi da tastiere inumidite, compro fazzoletti ai semafori, vivo nel centro gravitazionale chiamato ombelico.
Grido a sparsa voce senza un oggetto da amare, senza un volto da ricordare, bestemmiare, senza un carro da guidare, rivoltare o ammazzare.
Entro nella cella, lei bianca getta un urlo degno, albina e indemoniata eccita i miei neuroni, ha dodici anni, io un colletto chiaro fin troppo, madre salvami nel frattempo lascio le ultime memorie.

martedì 18 agosto 2009

Articolo in basso a destra

Lei resuscita da una vita. Io incastrato nella paranoia, creiamo fluidi armonici densi di acne vegetale, sospiriamo ancora con i cani abbandonati, la notte fredda e consistente con un peso acre e gotico.
Battiamo sui viali le molecole avanzate dai nostri orgasmi che trasudano stricnina fumata male. Lasciamo al nulla la beffa del tempo, scondinzoliamo ancora un po' rendendo il tutto vano, voliamo su vespe commiserando le morti dei termosifoni.
Le nostre macerie saranno polvere di mare che mai alcun verso potrà eguagliare, mai potrà seguire il sentimento vivo del nostro squarcio di mondo. Urlando al popolare rivoltato in due tombe una secca e una piena in mare. La carnale frantumata da pub di legno e i pilastri del wiskey vanno giù sulla periferia.

FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER
IO CORRERO' CON LE LACRIME A CENTOALLORA
LASCIAMI STORPIO A SOGNARE LASCIAMI STRETTO A VOLARE LASCIAMI SECCO A SOGNARE
IMPARERO' A GALLEGGIARE, A FARE SOGNI LUMINOSI CHE IRRADIERANNO IL TUO SENTIERO OVATTATO DAL MIO SANGUE.

Non ci saranno mine perchè saranno sul mio petto, non ci saranno pugnali, li avrò tutti sulla schiena, il freddo violentò sarà condensato per lo smog, la nebbia sarà sterile e il vento gonfierà le tue ruote.

FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI CON IL TUO SCOOTER
IO CORRERO CON LE LACRIME SULLE SPALLE
LASCIAMI MORTO A STONARE LASCIAMI MORTO A STRAFARE LASCIAMI MORTO A RESPIRARE
COLLASSERO' GALLEGGIANDO FARO' CIAO A TE IN SALVO CREDENDOMI VIVO
SARO' IN UNA RISSA DI FIAMME, MA CON L'AMORE IN SALVO.

lunedì 17 agosto 2009

Domani tra i tarli

Era lontano dai nostri discorsi sempre con la mente distante, inverno-autunno, saturno-marte, i suoi poteri non li captavamo, era folle nella sua quiete, esemplare ultimo e vissuto di un essere sconosciuto, gli spaghetti sul verde, le macine industriali, il ph del terreno era uguale a quello dei suoi capelli.
E fu con lui, lì-dietro la drogheria della quinta strada, su un prato verde avorio, tetro, astratto e malinconico, il petrolio fuoriusciva dai suoi occhi che tu lo guardasti per un solo momento e divenisti sua sposa, io acquistai ciò che avrei potuto rubare, il tuo addio, quindi la mia solitudine, il suo castello quindi la mia fogna.

La mia sconfitta maturata sterile e invisibile, oggi compiange il muschio vivo e lascia la speranza a sgocciolare senza scadenza, mi affido a luci programmate per il mio umore non affidando nulla alla gioia o al dolore, sono io il diverso, cambia prospettiva, guarda il profilo, svuota l'account, sono perso senza sterzo, chi mi condurrà al retto sentiero designato dai lor signori?

Io metal al mattino, oggi bianco volto privo di cresta.
Io RUGGINE svuoto l'uccello a chi piscia più lontano, eravamo vicini, tu ombra io RIFLESSO.
Oggi siam nemici e le lotte elementari risultano sultani poco virili.

venerdì 14 agosto 2009

Resti di Radio

Cosa vuoi che lasci? le intemperie del verno scorso? Le lanterne bruciate nei vicoli assassini? Le sirene vegetali del corso? Io ho rosicchiato il ventre di Venere in cerca del Paco, frenetico ho gettato litri di lava aspettano una coordinazione naturale, invano ho osservato il mare sperando di trovare fra le coste uno schianto luminoso, ma nulla è caduto fra i gomiti assetati.
Cosa vuoi che dica? I flussi migratori del mio essere invocano solitudine e felicità senza dosi nè quantita definite, attendo senza sosta sotto la tua porta per rendere questo addio più banale, per dare al pubblico ciò che vuole, l'aranciata sul tappeto è nei cassetti mnemonici, io resto solo sui tuoi gradini di marmo, lancio pizze a forma di vernice e prendo i fiori più neri aspettando il tuo ritorno, aspettando che Londra si avvicini ancora un pò, con rami e cascate sarò lì, netturbino ubriaco nella notte a stonare.

martedì 4 agosto 2009

Monkey Island

Non dovrai far altro che asciugarti sul ponte, sarò lì, io sole, io damigiana, io riso sull'Aversana. L'autostrada del secondo mondo ci porterà senz'altro a una città, non fidarti mai dei trasporti urbani o dei ladri in borghese, siamo tutti in divisa eccetto i furbi di paese.
Le passeggiate inutili nella notte, le pattuglie storte, le auto fracassate, gli incidenti violenti con esseri presumibilmente umani, macellati nel legno di un chiosco, venderemo ancora fiori ai morti, giocheremo ancora con Guybrush Treepwood, ci insulteremo e conteremo i morsi dei ventilatori.
I cessi saranno rugosi, contrarremo l'alienazione su quel materasso dove le due piazze saranno violente con scontri tra fazioni, disegnerò percorsi con le dita sul tuo corpo, renderò lattina i tuoi capelli, affronteremo la digestione sulle Alpi, lasciando i Cantanti a Bologna, i Poeti a Firenze e gli Alieni a Salerno.
Non dovrai far altro che bagnarti di provincia succhiando le angosce dei palazzi a tre piani, degli architetti di rione e lasciare che gli scooter seguano le follie telecomandate progettate sin dall'età della pietra fino al millennium bag, ci vediamo da Nino senza grassetto bruciato.

domenica 2 agosto 2009

Signor Censore

Vuoi davvero parlare del tuo primo hashish o delle continue soluzioni al cortisone? Vuoi afferrare ancora i tombini come gusci o abbracciare le labbra al tramonto? Ti seppellirò ancora una volta per dar fiato alle tue ambizioni, le lavatrici fuori i portoni, il riciclo dell'ambiente malato.
L'asfalto fuori la parete si affianca alla scuola di ballo, sbirciare, annusare, tessere cartoni fuori i tabacchi, vendesti sale ai romani sapendo bene i loro affari, passasti per Cartagine accanto ad Einstein e giapponesi in collasso.
Partire, tornare e ricominciare, il ciclo che mai passa e tardi arriva quando è in dovere, i diritti delle chiese bruciate da manifesti italici, la prima qualità del pony è che mai cresce, la mia è che lo ammazzai, Peter cerca ancora oltre la bara paterna, Matierno brulica di facce assai note.
Non sarai mai più figlio di una lavandaia, le bolle le lascerai ai prosperi, sarai falegname della tua bottega, fuggirai con Cuba verso una barca, i remi saranno dispari e la Berti sarà triste, il patetismo della divisa, il padre fuori dai coglioni.
Parlerai ancora di metafore fisiche o fonderai parole come fra le imprese di malto, succhierai ancora Popper fuori dai cantoni dove baciasti il tuo primo lupo, canterai ancora di farse e commediografi, masticando le nuvole figlie dei fiori.
Chiuderai le tue finestre fra le scodelle fumanti, morirai fra le pannocchie e il divorzio, lasceremo tutto a chi vive come noi mutando intanto in un foglio e un pezzo di via...

sabato 1 agosto 2009

Condotto senza squame

Buongiorno notte, chi l'avrebbe detto? Ora una musica ebrea ti accompagna alla porta, hai accarezzato coperte, libri. Le poesie di Valery le hai amate. Hai pianto di gioia, hai amato con i pori dell'autolavaggio, lo specchio era nauseante, hai scattato molte foto e condotto i ricordi attraverso i ventricoli d'ovatta.
Il limoncello era grazioso fra le due labbra, la dinamite l'ho accantonata, oggi non bramo sangue altrui, l'odio ora è solo un film di banale denuncia, la favola prende forma, tu sali le scale verso il castello delle lamette, dal marmo nascon fiori addestrati ai sensi umani, oggi i pappagalli regalano un ambo sicuro, presentati e dona un luigi d'oro.
Le calorie del bacio, i sapori del nostro microcosmo, le chitarre appaiate fra i palombi di piazza San Francesco, le forbici e le manette, i fazzoletti e i dizionari, le madri autoritarie, le piazze asciutte, Giuliano Palma che canta e noi fuori ad ascoltare il thè dell'Alahmbra, bassa e felice, i centimetri della faccia accarezzati come distributori nei deserti.
L'alba ancora la timbriamo in vecchio stile ma il filtro del nostro amore è in una stanza di una casa popolare, oggi ben poco reale.
Soffieremo ancora insieme la vela della discordia e lo sai però oggi è un gran giorno...Buonanotte giorno.