venerdì 22 marzo 2013

La festa è finita



Il cuore batteva a mille quando il portone sbatteva crudo. Un'eco spiazzava ancora i condomini nonostante gli anni di militanza. Ridevamo perché l’aria si esauriva, perché inalavamo il gas a scrocco dalla casa dal lato opposto del pianerottolo. Non chiamate i pompieri, lasciateli riposare. Era bello stare scomodi sui versi delle foto immobili come noi, dei video organizzati nelle notti mute e delle registrazioni fuoriporta. Era un sogno afoso quanto l’adolescenza, crudo come la maturità. Ci trovammo nel mezzo di nostra precarietà. Il passato si cancellava con il futuro scuro, vacante, obliquo nel vuoto. Il presente era estremo, eterno e immediato. Ci obbligava a vivere e morire in ogni istante per paura di non farcela, di farcela, di restare sospesi in un tempo medio in cui i nonni ci superavano e andavano a riposarsi sulle colline. Ora quelle colline un tempo vive oggi sono decrepite e già dimenticate sono delle metropolitane serie, aride, inefficienti, sporche e consumate.
      Passa tra 3 minuti, corriamo per l’ultimo treno sull’ultimo vagone con l’ultimo centimetro cubo senza appoggi per il futuro. E’ diretto dai nostri nonni, deportati e partigiani che abbiamo visto ai bar e non conosciamo, che amiamo per dovere, per il sorriso. E degli idoli, a loro sconosciuti, con cui cantammo le loro canzoni, ammirammo i loro quadri e recitando male le loro poesie. La loro vita è un abisso nella nostra memoria, una radice senza rami, il mondo ce l'hanno raccontato i cantapropaganda.
     Andiamo, la casa è libera, finalmente i nostri genitori sono partiti, forse non torneranno, intanto facciamo festa finché non siamo sicuri che arriva domani, vigili ed esausti con gli inutili occhi aperti. Ci incantammo a studiare e descrivere la potenza del fiume nel suo scorrere e pulirci di ogni ricordo invece di amare gli argini e la potenza creatrice della resistenza. Ci pulimmo con l’acqua prima dell’inondazione, senza conoscere gli argini pensammo che fosse una festa straripante quando era l’ora di fare pulizia per sopravvivere. La festa è finita.