domenica 30 dicembre 2012

Un parto di cuore


Ho visto le migliori menti della mia generazione perdersi dietro un bancone, murarsi in un amore, drogarsi e fare figli adulti. Tutt’altro che nulla esclama il grande sciamano quando il treno parte, tutt’altro che niente disse a bassa voce con i vetri sipario l’occhio di donna. L’alba negra corse su comete alcoliche, versi mutevoli e simpatiche caldarroste fra gli accaventiquattro e un pulcinella scalzo fatto da stoico bacco virtute. I binari sbuffanti in canne di ghisa e frumento, di acciaio e stucco tossico erano buoni per i ragazzini a secco di cosmo. Lei lo guardò, come non l’aveva fatto mai, come aveva fatto sempre, con il cuore negli occhi di ghiaccio, negli occhi belli suoi belli. Lui si assolse in un pianto lungo un metro, in un addio fumario, dai arrivederci amore ciao, dai che insieme a te non ci sto più. Niente nuvole lassù, un pezzo arancione che quando lo guardò sole giallo fu splendente e vispo. Il nonno giovane adolescente della terra fiorì con la lupa e il licantropo. Fate l’amore, quando il capostazione fischia, ragione nuda, che vuoi che sia un vetro, che vuoi che sia un’isola, fate rosso il corto con passione di tredici suore nuove di fronte al papa, fate di gusto, con dolore fretta di spezie rubate ai mercati persici. L’esercito sfumò, la spesa, i servizi, il dovere avere, il dovere avere le carte, il volere avere la fretta lenta del partire col salire del giorno, la spudorata notte che non finisce, tanto tanto prosegue nella vita colorita, si gioca nel cromatico spazio dei cuori affogati in stanze di lacrime, in schizzi di verde smorto, in pioggia neve sotto il vischio appeso ad una stella, di un bacio ladro malato, di un herpes in un urlo di 12 ore. Gravida soffia, tiro una vocale, il Buongiorno è un morso. Il Buongiorno amici è un parto di cuore.

sabato 22 dicembre 2012

Finestra



C’è un uomo alla finestra. Il suo occhio è un chicco di caffè, lo sguardo è corrucciato, la vista è fissa nel sognante. Metodico col cuore, presta gioie al vetro, pensa al passato, un sospiro e lungo. La moina del mondo è nascosta ma vitrea; è smorta. Furba. Un paesaggio desolato, la dimora viva, celebre, ricca, gioiosa. Il palato fino, giudicante, ambizioso, sazio di viola. Le sue vertebre piegate al sogno, il suo rifiuto scodinzolante al mondo. Il suo gesto di cera, pacato, funebre. Le sue gambe tese, tremanti, destabilizzate. Il suo occhio è un chicco di caffè, il paesaggio lo tiene sveglio. Le mura di avorio lo soffocano, lo irridono, il nano verde lo stringe, soffoca, la milizia lo gioca di olfatto. Emana versi sillabici, nessuna poesia, solo qualche vocale. L’arte dell’eremita, il canone inverso, la scuola di marzapane: qualche ricordo lo sfiora. Il realismo lo pervade e il respiro si affanna, uno sguardo di miscela, la schiuma del vento. Sorte assassina. Morte e pace.

lunedì 10 dicembre 2012

Pittore


Mormora , la gente, mormora. Ride, la gente, ride. Osservo. Un colpo di pennello per intingere sulla strada la pozzanghera in cui affogherò. Un colpo per disegnare la cantina con la mia giovinezza. Un colpo grigio topo per un cielo stanco. Un tocco di carne per le fossette dei sorrisi abbandonati. Un boccale per specchiarmi nei versi dell’alcol. Un sentimento celato fra i deserti della mente. Non vi osservo. Siete un filtro ottico, un ambiente lungo una strada dritta e infinita. Un luogo di transizione, uno specchio. E proseguo, senza specchiarmi. Rispecchiandovi. 


domenica 2 dicembre 2012

Pioggia


Lampo di tuono. Pioggia. Non bagna. Mi muovo. Scende. Il mio corpo fradicio. Mi fermo. Si ferma. Mi muovo. Si muove. Mi fermo. Il tempo è robotico. Mi fermo coperto. Piove. Rischio. Mi fermo scoperto. Sul ramo la foglia è verde. Sul fango la foglia è gialla. Si incontrano. Blu.