giovedì 30 luglio 2009

Compagni di strada

Rideremo ancora dei tir dell'Heineken, durante i filoni invernali, fuori dai garage al tempo benedetti dai writers, piazzeremo ancora cadute dagli SH ridendo sotto la pioggia fratturata. Le discese post tangenziali, le strisce pedonali in curva, la musica nascosta fra pareti di polistirolo, come i tuoi occhi, come i veleni dei villini fuori città. Avremo ancora riccioli fra le mani e ricci di mare, torneremo a cogliere i funghi per strafarci in tenda su montagne sperse. Le Principesse saranno lontane dai nostri troni sporchi di crema, le soluzioni al mirtillo per rivivere, le bruciature di sigarette fuori le finestre del bosco.
Poi rincorsi però una cometa alcolica e ti persi amico mio, ma sai era una brillante calamita per il fegato, giunsi in Siberia sognando, colsi la Cina fra le mani nel dormiveglia e scrissi un film su un barattolo nomade.
Ridotto a un osso di cinghiale mi ritrovai su una salita, baciai una liceale al gusto di erba sintetica, mi innamorai di dodici madri e raggiunsi orgasmi con sguardi, ora la bara mi aspetta, come una moglie il primo giorno a casa senza il giardiniere. Io sarò marito, cornuto e svampito, stanco e morto, ma dal sogno per sempre rapito.

I display indiani di passaggio fra le mani

Sorge il sole fra le tue spalle, cara Dea industriale, priva di alcuna dote se non la bocca, oggi ho perso un orecchio con un amico, ho abbracciato l'Albania alle 5:47, sono resuscitato sotto sembianze umane, la barba si è accumulata fra granai salentini. I vigneti sono stati corteggiati dal frumento sparso a chiazze dei lampadari.
Le cicale urlano dalla gioia, insieme, fratelli, gemelli, anche qui la gioia ha un suono, noi mai più dormiremo senza il loro dolce fiato, nel bus ho trovato il coraggio, l'autista era blu vischio.
La sua timidezza, le punte della Sicilia, il seno dei gomitoli; era tutto bianco e dovevo ancora bere, era tutto splendido e dovevo ancora bere, era tutta abitudine e quindi mi rifiutai, era tutto condiviso e per questo scappai, era tutto unito e perciò ti eclissasti.
I display degli indiani ascoltati nel dub franco-algerino, il secondo mondo ci aspetta, classifichiamo tutte le forchette, cantiamo con Silvio. Piangiamo sale e cospargiamo il riso della menzogna, lasciamo che le palle rimbalzino fino a tappare i vulcani, i camioncini napoletani faranno il resto, comprate, comprate, io sono un barbone miliardario, poveri nicotinomani dell'apparenza.
Lasciamo che queste deboli parole scrivano del tantra del jembè, di tutti i passi coerenti e che il mio ballo non sia un caso programmato, ma una cascata di omicidi privi di senso.

sabato 18 luglio 2009

Folla igienica

I plettri fradici di sapone, le unghie scrostate fra i crateri, le lacrime macchiate, le vesti della Padania, le spiagge notturne, il bar sempre fermo, i codici delle pomate irraggiungibili, le autostrade e le piazzole, le birre del giorno e chilometri di palazzi, palazzi ovunque, parcheggi e fontane e ancora palazzi. Sei piani, due scale, trentasei famiglie, centoquarantaquattro anime morte, quattro pareti e otto televisioni che le tengono in vita.
I caffè degli autogrill, le fiamme avvelenate, gli elenchi in affanno, il verde dei tuoi bimbi, l'aids, la sifilide, le verruche, i piatti inquinati, le corde stimolate.
I barattoli a tavolino, i fucili contro il nido, i buffi parchi e i custodi smembrati. Ci vedremo ancora alle querce di Mamre, sotto paludi di caste vergini fuse nell'avorio colato

MADRE APRI TU SONO PARALIZZATO
MADRE ALZA LA TV SONO IO CHE HO URLATO

la rivoluzione personale, l'unica via da innaffiare, i Radiohead contaminati da ingegneri, Kid. A, l'apice, corteggiare con le pietre mute e sorde, effimero simbolo della sensualità. Torniamo bambini, 24 Aprile 1996, eri in una sfera bucata, t'arrampicavi fra le foglie morte, ricoverate e castrate, davi vita ai cani, inseguivi le mani fino al cielo costringendoci ad amare.

LE PARENTESI NEI COMMISSARIATI DEGLI SKY
NOI FIGLI ABBANDONATI FRA I VICOLI STRAFATTI

Van Gogh è nel vicolo di una maledetta piazza, io sono lo starnuto di ogni mosca, volo incompreso nell'adolescenza violata dalla vergogna, le sbarre del balcone
SECONDO PIANO
SALERNO
TORRIONE
SCHIANTO CERCA VOLO
X INFO QUERY ME

venerdì 17 luglio 2009

I polsi nei mosaici

Racconteresti ancora favole alla radio? Ricordi? Era un mix di compilation autobiografiche fra letti e sanguinamenti di antenne ed io ero lì, brillo ad ascoltare al buio subendo inerme le tue infiltrazioni al cuore con sogni acidi, vanigliasti il cielo dei tuoi scontri, rubasti la rugiada e ne facesti penne usate.
I dondoli antichi fra le curve del tuo corpo spartivano oceani fantasmagorici, megalomani e supersonici. Parlavi di cigni lunatici, di Anna e le sue vene, cucivi le storie di tutti in un sabato sera simile a un mosaico.
Le estati bugiarde, le illusioni perenni di tempi inesistenti, l'inverno e i suoi sassi, le stagioni fatte di pane e miseria, ricordi il Terminio innevato e il calore mutilato fra i giubbotti verdi fango.

FAMMI RESPIRARE FRA GHIACCIAI
FAMMI RESPIRARE FRA GLI INGRANAGGI
LASCIAMI SECCARE QUANDO TE NE ANDRAI

Pescheremo ancora orologi e polsi divorziati fra loro; ruberemo le lune sterili degli appaltatori rivendendole nei kebab assassini, gli spacciatori con i passeggini a zonzo fra le castagne nelle urne vendutesi per pochi bottoni.

ARRESTIAMO QUESTO PROCESSO
BRUCIAMO TUTTO CIO' CHE C'E'
SOLO COSI SAREMO PURI

ti violenterò ogni volta che vuoi, ti brucerò il volto quando dormirai e le stelle saranno color pece e prive di zampe. Le cavallette ti inonderanno e della nostra religione io sarò l'ebreo, del tuo dominio io sarò lo schiavo. Ma il messia arriverà e sarà lui a placarti con le piaghe che meriti.

mercoledì 15 luglio 2009

Occhi verdi smeraldo

Le stelle al tramonto, il nostro trancio di mondo.
Hey, i carboni incandescenti, tossici e magnificenti, avevano quattro gambe e due nasi, c'era Nightmare sul muro contaminato da carpentieri alla chitarra. Le Gibson squartate da fiamme deficenti, i tuoi sguardi fissi contro il mondo, con occhi obliqui che calcavano il disagio del mondo.Ti chiamerò quando ci sarà fango, ma sicuramente avrei dovuto baciarti prima di Lione o dei villaggi strappati alla memoria.
A volte penso di avere troppe debolezze verso l'alcol ma poi svelto ci bevo su.
I sismi frenetici e stabili, i crolli di cornicioni su via Roma 81, Paolo Fabbri imbarazzato dalle 4 stagioni. Vedi cara, Keaton era muto a ridere e anche questo giorno è andato con Braccia bugiarde e discorsi calmi. Le dita brulicavano il mio essere, il tuo ombelico centro di gravità per il mio universo, pensarlo e viverlo, stando sempre gravi come cattivi indiani, hippy, froci, negri, ebrei, comunisti, la voglia di bestemmiare alle 44:75 del Saturno tatuato.
Sedici giochi di quadri mostruosi asfissiati con il pane delle castagne.
Cristo battezzami nel fango, io illumino questo buco nero con una foto, il mio bambino era un fiume di dolore, figlio di me Morte, ogni notte lui dice -Mi piacciono le favole, puoi cantarmi quella dell'Uomo Senza l'Orologio?-

lunedì 13 luglio 2009

Domani sarà vacanza

Il silenzio ha ragione, è la prigione asfaltata fuori ai balconi compiacenti quando ancora il centro storico piangerà muto fra i suoi vicoli, gli spacciatori con il passeggino si insiriano, noi affoghiamo nella tequila le frasi ghiacciate e le serenate toscane, ricordi le bionde trecce stonate del riccio e la puzza dei suoi piedi? E quando russava a sapor di zafferano? Domani sarà estate, domani sarà stress, domani sarà ancor più arduo alzarsi. Dio, vecchio mio, affacciati, prendi il tuo dito del gomito e infilalo nel naso dando un senso alle ciabatte.
Linguistica domani sarai trasversale, i tuoi messaggi notturni fra una birra e un bancone, il nostro zio cafone e scorbutico, da ubriaco ti palpava il culo, brutta notte. Quella mazza da baseball fu micidiale, il mio sopracciglio ora è filosofo sconfitto, l'oceano verde ai suoi piedi, il nettare astrologico fra la forfora; pettinati microonde alieno, capirò come funzioni arpeggio fatale. I Radiohead cucineranno per me con il loro ingegnere da gambero rosso.

domenica 12 luglio 2009

La necropoli del Vaticano

La necropoli del Vaticano affanna nello sbando, io fumo con loro, coloro che furono e ora sono. Leggi la bibbia Tim? Potrei citarti un versetto, mia madre mi concepì in tre giorni su quel treno per Yuma. Al Little Big Horme lavavano le paste quando piansi prima di morire, avevo un viso transoceanico, sincronizzato con la moltitudine di potenzialità a me affibbiate; presto si sarebbero rivelate tutte eresie infami.
La luna danzava a passi scuri, era putrida e sincera, la bomba atomica nell'intestino la diresse a fischi metereopatici, gli asteroidi veneziani furono micidiali, rullavano a velocità degne di Mr Mojo Risin. Io volevo solo 1000 lenzuola sulle spalle in una notte di mezza estate, lei aspettava marzo, ci incontrammo in un garage e ritmavamo i battiti del soffitto, ora i Massive Attack, lei come al solito, serpe gentile qual'era, si oppose turbando la mia sensitività dispersa nel muschio.
I bassi gonfiavano le pareti, trascritte da amanuensi sillabici, dolce e candido annaspai nell'aria, soffocando ogni follia. Le frecce son tutte telecomandate, spero che i materassi però si illudano ancora che tutto ciò che accade su di loro sia un rawe casual. Il destino è fra l'ovatta, comodo, scrive alla morte la tua vita. L'essere più inutile dopo me e gli ingranaggi che mi compongono.
Natale sarà caldo il calendario cristiano è bugiardo, le castagne votano i fori dei pearcing e i virus svedesi, le lucciole dicono sì ai vassoi nucleari, noi rischiamo di emarginare le emozioni, rideremo ancora e lo sai delle macchine futuriste infangate fra le ninfe di Inri, vecchio pappone del mio palazzo.
Grazie, dillo. Quando avrai un perché scrivilo sui muri oppure farai come me, mostro reincarnato dopo la morte in un manifesto funebre che parla di te...

mercoledì 8 luglio 2009

Calici fluorescenti

Il tuo volto condensato di grafemi amorfi, incarna la bellezza trasversale, il premio Nobel ha il tuo volto, le bombe hanno il tuo volto, tutto ciò che aspiro ha il tuo sapore, la mia chitarra con la varicella russa sognando te, io recito solo per te, navigo su perle di alluminio, su quadri metonimici, ispiri i 360 gradi delle nuvole colme di te, essenza mirabile solo da chi non ha paura della luce.
La mia spada infligge un amara sconfitta all'espressionismo, il calice futurista è ai tuoi piedi, io umile servo m'affaccio dalla serranda di miele, la mente s'offusca di false esistenze, ora te le presento:

-Piacere mi chiamo Aik, pitto al mattino, imbratto a tarda sera, hai per caso degli occhiali?-
-Piacere mi chiamo Bert, son morto in una rissa fra topi murati vivi in un musical-
-Piacere mi chiamo Edward, sono stronzo e coglione, faccio l'assicuratore, ho dei calici per gli occhi a quattro ruote se vuole-
-Piacere mi chiamo Sismondo, faccio il bottegaio a Recanati, son qui per quei gomiti sigillati-
-Piacere mi chiamo Marco, colmo divani di giorno e incendio cassonetti, quaderni e volti stupendi di notte-

Il tuo volto da attrice non sarà mai più così bello...

martedì 7 luglio 2009

Coltelli vetrati

Gli amici son rivali in lotta per una buccia suprema, le piastrelle incollate con sputi di vietnamiti uccisi, un sudicio scenario per il quale gli esperti coniano neologismi, Star Wars, scudi spaziali, i missili coreani, le orate giapponesi.
Il precario dell'anno zero a costo multimediale è l'emblema del nuovo sfruttamento, date un senso al tubo, almeno la metà di quello che ha una corda, le siringhe d'aria nelle aziende colmano l'assenza di essa.
Le tazze nei quadri, i ritmi blandi, le facce del giorno, i miei 5 pranzi multietnici, il sesso interraziale, le canadesi, i figli del sole, gli alunni del vento, il finestrino del cane, un elenco a forma di jet, la Royal Air Force.
La bacheca fuori pista, la cocaina nelle fogne, El Ray sotto accusa, i marchi registrati nelle miniere alla caffeina, il mio drum, i filtrini e i marciapiedi chiusi. I comizi chiusi, Firenze occupata dall'ala sbagliata.
La vita in differita sulla rai censura a tempo ciò che non và, magari fosse così anche il cervello, il timballo è sotto la porta, la porta è sotto il cielo. Il cielo perforato da una forchetta, la forchetta fra l'amore metropolitano. L'amore metropolitano fugge e non sai con chi và.

venerdì 3 luglio 2009

La classe violenta

Salve Desideria, immigrata, troia, tre anni di carcere per la roba.

Fiamme con le manette spente dentro, le ciglia dei cortei mescolate nel brandy, la cosca affamata dopo aver mangiato budella e sangue in cenere.

Salve Desideria, buffa bimba messicana, smorfiosa e finta, non respiri. Il tuo tempo è muto e pari bambola di pezza, con un valore.

I maggiordomi liquidati con disprezzo. Eri una vergine cuccia, violentata da Carlos, uomo con tre figli e una moglie insipida.

Non conte né marchese nelle forme, non ha problemi a strappare via le ossa di porcellana e i succhi di seta.

Salve Desideria, la violenza da te invocata, la reazione inaspettata  servita con smoking al mondo aperto da cerniere orchestrali, aperte nell'acuto a te dato.

La classe di ferro, la classe di cemento, la classe di terra, la classe di sangue, la classe di cani, la classe di delinquenti, la classe del grembiule.

Stanca di professori, visi programmati e gerarchie a batteria bassa.

Addio Desideria.

giovedì 2 luglio 2009

Panca sconfitta

Stasera hai abbracciato le palpebre senza l'aiuto di astronauti in pillole o cerotti usati, hai rivolto parola seppure l'alcol ha influenzato il destino, il colonello Horty ha deposto le armi e tu con lui, ma non vi è più il pozzo vetrato o le scale della Red Erik dove timbravamo il giorno. Osservo le lucciole accanto alle bare cucite sul tuo cuore, fra talpe e minerve c'era il Diavolo con Dio a fabbricare ceramiche. Stanchi e pensionati scontavamo soli verdi e pettinati su una panca giù al mare. Piazza Sedile del Campo piange nel vuoto lattico, abbiamo scritto senza frecce, non ci sono più dardi né treni dirottati con le spranghe erbivore, non c'è più Mario Chiesa a farci microcapsule.
Ulisse ed Enea in conflitto nella Comune di Editoria, forza, coraggio e litania. Le croci ascoltano i passi dei tuoi processi, i nostri orologi sballati. E Battiato non ha cure per la stagione dell'amore a base di fibre, non puoi amare figli non tuoi né nani borghesi dalle facce offese. 
Strazio, puzzo e i vecchi tempi sulle terrazze di vodka ti fanno bella. Dove sei cucitrice di senso, alterami e scomponimi, sconfiggimi con un ventotto. Dio, sono ateo, grazie dio, sono morto con un bacio. Uccido: le tue labbra V1-V2...Okinawa remember...Okinawa Frawenfelder, my heart, your soul, link without drink, l'impossibilità dell'essere zerbino sapor verde camino...