martedì 29 novembre 2011

Rima bipolare


La Danza con lo Scheletro, amico fluorescente con l'occhio di vetro, il malleolo in bella vista e il l'anca da apripista. Simpatico e arzillo fa palestra tutti i dì, si ubriaca il martedì e i massaggi dolci se c'è Xie Li. Come una marionetta si agita e sgambetta, qualche scappelletta e via con la risata del pubblico della serata. Filastrocche vili e sconce racconta a sua moglie, lei è irritata e la testa si è fasciata. Non se ne può più grida l'uomo coi muscoli, cado a testa in giù e nulla mi succede non si rompe neanche il piede. Sono un ammasso in sconquasso che cado da un palazzo ma resto senza un graffio. Piango e mi deludo, non muoio senza scudo, resto qui né cotto né crudo, i vestiti non m'entrano e indovina un po'...resto nudo!

domenica 27 novembre 2011

Insofferenza: principio di rinascita


La barra sincopata m'accompagna lungo la strada, un po' di brina sul selciato, qualche puttana, zitto proseguo. Zitto e sommerso nelle sue parole, m'addentro nel passato e lo rivivo con nuovi occhi, lo rivivo e fra una battuta e un'altra c'è sempre un gesto, inutile e banale che distrae il pubblico. I like it grida il mondo oggi, nulla di più. Perdo la parola e lei prosegue il discorso, perdo conoscenza quando lei mi prende il polso. Riesco a malapena a respirare quando lei mi bacia, spero di morire durante l'orario di lavoro. Sono in treno, nella stanza ci sono nevrotiche coppie partenopee, dal dialogo incessante e inutile; spettegolano, lei con enfasi e lui con distrazione, i fratelli (di lei) hanno fatto un discorso di eredità (a lui) senza nemmeno parlarne (con lei). Un uomo a telefono organizza i turni in radio, si vanta con gli amici e fa chiacchiere disinvolte sulla sua amante, il seno? abbondante! Il ragazzo torna al paese dalla sua ragazza, ci provano, vogliono stare insieme fin quando non avranno una vita sociale nella realtà naturale soddisfacente. Il mio ruolo? il ragazzo intellettuale di sinistra che non lo è, ma è inutile convincerli, sono apparenze. Leggo il giornale, poi Kafka e ascolto De Andrè. L'apparenza è banale se la si distingue. La vita è reale se non la si afferra. L'anima non perde mai la dignità, neanche con l'amore, è tempo di risurrezione.

sabato 12 novembre 2011

Post privato

Vivo, in affanno, mi prolungo per un po' cercando vette da sbiancare. Io non ho mai amato e tu non sei mai stata viva con me. E' tempo di amici e fratelli, di nostalgia e ricordi, di volti andati e perduti, assaporati  per poco e a volte per troppo. Si sostituisce la gente, muta, esplora e cresce. Vancouver grida l'amica dall'auto ridendo, mi racconta del tempo e di come è lento se vuoi. Volontà, volontà una sola parola ripetuta sbatte come i libri in testa eppure non ci si accultura così. Volontà qualcosa da imporre come hai fatto per tutta la vita. Devo volere, così pare familiare, rallento e penso, ha ragione l'amica mia e hanno ragione i giudizi, se non sono corretti poco importa, esistono e un motivo ci sarà. Non mi dite che c'è il bene e il male, sto facendo dei conti, sapete com'è sono ingegnere. Rido forte, lo faccio di rado e di gusto mentre gli altri ridono ancora meno. 
Scrivo il temino:
Voglia di conoscere gli ingranaggi della macchina e non di spingerla al doppio delle sue capacità. Voglia di vivere a lungo, di conoscere la muta del serpente, di assaporare le gocce una per volta. Voglia di treno, per 11 ore e poi altre 11. Voglia di amici, conoscenti e sconosciuti. Voglia di nuovo, non di un posto certo e infinito, non di nipotini e pensione ma di nuovo. Voglia di ripartire, da zero, anzi da tre come disse un'amica carissima, uscita da un fumetto al filosofo. Grazie coincidenze e proseguiamo oltre senza il soffio vitale esterno, ora la matrice è interna. Lo giuro, ovviamente a me stesso.

sabato 5 novembre 2011

La sedia e il cavalcavia

La spia della tua cam è accesa, ti guardo, ti spio e mi infiltro nelle tue mura domestiche. Derubo la tua intimità, preservata a tutti anche a te stesso, forse troppo spesso. Ti scruto ridendo, ridicolizzandoti, sei una parodia del tuo ego, guardati. Ero lì quando hai gettato la sedia a rotelle di tua moglie giù dal cavalcavia e quando hai ucciso i tuoi figli. Forse questo non è successo, forse ho esagerato, ma è così che ti senti, così ti voglio far sentire. La tua sofferenza è la mia gioia, il tuo culto è il mio clown, la tua donna è la mia troia. Non ci sono mezzi termini per descrivere la tua vita, non ci sono svolte o volte buone, una piatta discesa, un encefalogramma mutilato in una terza dimensione. La luna ti ruba una lacrima e credi di provare un'emozione, ma che vuoi che sia quello sputo nel cielo. Cade una apple dalla window e ti credi Newton o Gates o Jobs. Sono il furto del tuo linguaggio, la tua lingua si allunga e assapora poche gocce, credi di esserti dissetato. Nessuno ti comprende perché sei scarso, non speciale, non ti impegni nel sociale e ti credi timido, disadattato. Non sei nulla, il bene e il male per te sono concetti insensibili. La spia della tua cam è accesa ma nessuno ti guarda, nemmeno io, ti senti solo e spaventato perché sei pavido, pavido, pavido.