sabato 28 novembre 2009

Le sigarette antiche

Rastrello le case che ti sono intorno, trasporto le tue gote fra gli Autogrill malati, le foglie insecchite e i parcheggi gratuiti. Sgocciolo le tue fatiche al limite, striscio via fra i continenti più assurdi, cambio il volto ad ogni cosa da quando respiro le tue gabbie. Le tue gambe.


L'alba melmosa accostata fra noi sul far del dì, le cinture di sicurezza non ci proteggono dalla costa, ogni pezzo di mondo ha un cartoncino cristiano. Ti vorrei ma i citofoni sono inutili. Busso alla patina del dolore, la luce acceca, il profumo esplode, il quotidiano è risurrezione.

Lei si intrufola nella Dublino ubriaca di risa e silenzi meridionali, la malinconia non scappa per te è fuggire, filtro della tua quiete rissosa. La pelle avorio fra le efelidi di un centro commerciale raggruppano stelle per bus organizzati, la lista è a casa, entriamo alla prossima lezione. O forse no. Impariamo d'altro.

Gli arbusti intorno e le sigarette antiche descrivono gli alberi azzurri mai così strafatti fra gas e medicine, come è bello il mondo quando insozza la pelle tua bella. 

Non liberarmi dal tuo tormento. 

Restiamo ancora un po' in silenzio, piangi ancora un po' prima di ridere di gusto, in fondo hai ragione, l'hai sempre avuta sulla pelle. Non dirti è bello.

mercoledì 25 novembre 2009

Dritto in curva

Oltrepasso la porta,lo capisco dalla diversa pavimentazione,ho con me uno zaino di ricordi ancora da immagazzinare.Il bus zeppo di persone tutte sedute a un tavolo,sguardi fissi dietro il compagno,tutti in fuga dall'analisi,cuffie alle orecchie ed emozioni sottobanco con figurine con cui faresti a scambio,miseri doppioni.
Levo il copricapo anni 30,mi guidava,sollevo gli occhi a intervalli saltuari di tempo per un motivo preciso,continuo a guardare l'acqua zampillante sulla scarpa che oltrepassa e abbonda il calzino,sono in paralisi,il movimento della caduta è già noto e acquisito ma non riesco a discostarmi da ciò,tento con coraggio di sentire il contatto ne resto immerso e insensibile diverso invece è il suono martellante che prende eco nella mia mente.
Nell'attesa di slanci emotivi continuo ad innaffiarmi lungo i passi che cerco,mi esercito ogni giorno e duramente...Posso venire alla lavagna?

martedì 24 novembre 2009

Menestrelli sott'accusa

Osservo lento il suo arrivo,rischio di apparir assai recidivo,nella mischia cerco di non sfigurare ma dinanzi alle tue palpebre non saprò mai recitare,se quan detto sembra poco non capirete di cosa mi copro,rubini,gemme e diamanti,si brinda che il vento apra gli spumanti.
La stazione incenerita si batte per la libertà,chi parte e scorge dal vetro una patina chi resta con una lacrima,chi va via per dolore e di chi invece muore.
Chiedo venia alla platea per le rime involute,le mie labbra d'ora in poi saran mute,vivrò per mangiare,spodestare e denudare chi di qualche spiccio certo si potrà privare,nulla è il mondo senza il mio ego,nulla è il cuore se all'amor non credo,accendo mille bolle blu,sperando che il terrore non ci sia più.
Che il mio sfogo possa trovare questione,nel dilemma del miglio d'amore,reciterò ancora un pò,per qualche sorriso che ancora non so.
Che il cielo spodesti questo reame,che noi-morti per paura infame,un tempo carnivori di sorrisi apparecchiati dai quali oggi siam stati divorati

sabato 21 novembre 2009

Il mio siero

Gli zigomi fra le miniere architettoniche l'accompagnano in sale da ballo piene di rocce ma mai d'acqua. I brufoli ossigenati cantano storie di palazzi su oceani senza biglietto, le pizze filate, le corsie denudate e gli zii ubriachi per casa, la speranza riflette negli occhi.

Infiltrato fra la natura, presenti tracce umane, il marsupio dell'universo si presenta, la vista e i sensi accompagnano la visita, le cannucce di bambù della casa estiva, i nostri soggiorni borghesi, la bici rubata, le mani occupate, i ginocchi sbucciati.

La signora Clara rispolvera le torte al limone, mi immergo nella costiera frastagliata,densa di curve, gareggio senza sosta, non respiro, l'ombra del motociclista si stacca dal muro, furtivo animo silente, fruga fra i gomitoli e sbriglia i dolori.

Il telefono spolverato narra storie di draghi, vampiri, venturiero di frontiera assumo una canoa ed un remo scavalco il confine volando sul maestrale, la bora ed altri villaggi turistici. Impantanato e curvo mi drizzo sui pedali, rigetto il passato, sommergo Atlantide e dono gravità di cristallo ai sogni.

Il marrone incastonato nell'oceano blu degli occhi suoi è il soffio che sostiene il petalo nomade dipinto durante una rapina, il parabrezza è stracolmo di poesie,l e refrigero sperando che mai le leggerà. 

Volo ma mi perdo, mi ritrovo,scintillano...ecco il mio siero.

mercoledì 18 novembre 2009

Animali disumani

Vago immobile per la città,una panca m'accompagna in nitidi sguardi,le figure losche s'apprestan a passare dinanzi a me.

I sanpietrini sono ottimi contorni di luci per i miei passettini,primo pezzo di pane,proseguo lungo il viale,attivo la retromarcia,bevo acqua dalla borraccia.Altro pezzo di pane,altra traversata,questo pezzo di mondo è mio,solo mio,unicamente mio,lungi da codesta zona Dio curioso,la pensione è un arte,il tempo è infame.
Le pietre del pennello mi guidano,tronfio e borioso accondiscendo il basso ventre,accendo la sigaretta alla tredicenne,sbottono il pudore e le afferro una mano,dono amore e risulto villano,sbatacchio gracile dal vento,sarò l'ambulanza contro questo vento tremendo.
L'erba alta della lungomare,nobile casa dove la carcassa mia riposa,una peroni,l'acqua dei barboni,una chitarra e putridi regni nei miei sogni,resta sveglio ciò che non c'è.

Attendo alla fermata i prossimi passi per casa,sono indeciso spruzzo versi nell'etere,ingombro la città di poesie,litanie,carte e vili cicche.
In nulla son diverso da loro,son figlio di chi non ha decoro,m'impongo il contegno,bruciando ciò che ho dentro,vacillo da ubriaco ma così sobrio non son mai stato.

martedì 17 novembre 2009

Urla Invernali

La neve bianca trasuda sul viso di lei, composta ed educata stringe a sè il suo angolo di cielo, lo difende come fosse gravida, lo ama perchè di lei è casa.
Il mio volto trasale migrando la mente verso Olimpia e i detriti, gli incidenti sull'A3.
Frugo fra i mondi sommersi nei quali è lei la guida, la fatale, la maestra, tanto in vita quanto carnale.
Derido tutta la notte che si propone innanzi al tempo mio,sberleffo le cucine e assaggio i vini delle cantine, proseguo violentando la chitarra in una notte cruda, aspettando Venezia e le sue blu sirene acquatiche.
Ricordi i furti scanditi in valzer viennesi, ci riparammo in alberghi slovacchi contemplando i soli ricci e la Venere rugosa anch'essa in fuga da sè stessa, gli specchi la tormentano, tu imponi di giocarci, ritrovo la mia Valchiria zeppa di sorrisi deficienti e trappole per topi sottili.
Assapori il suo corpo, tu m'imponi di leccarle il dorso, mi rifiuto, mi frusti, obbedisco.
.....
La sigaretta fine ti accompagna nel quadro svanito in un attimo, resterà in fondo solo un microsecondo nel quale giocammo con il sesso lasciando la neve a domar sul tuo viso in quanto non capace della tolleranza verso il macabro silenzio.

sabato 14 novembre 2009

Luna imbarazzata

Altro girone, nuova lei, ideale che vorrei, emozione, cade l'astuccio, labbra incerate, impresse.


Banale m'attacco alla penna, la poesia senza accenti rime o punteggiature, mi diverto senza sosta a fischiare sotto la tua porta, per presentarmi c'è stato il passato, ancora una volta l'ho bruciato, mai più lotte di classe o sbarchi lunari, via alieni dalle sciarpe protettrici dei miei viali.
Non mi avrete mai.
Siamo due folle sole e lo sai.


Le Fiandre, il paese della Nebbia, ancora m'accuccio quando sosto su di un utero, i sogni di un anrchico: capsula gravitazionale, sportelli aperti, luci spente, fumettistico sonoro, scontro contro le auto blu, le divise blu, le manette blu e che vuoi tu.
Le curve son tutte dritte, attendo al semaforo bianco un auto a piedi mi investe, balzo in avanti cadendo all'ingiù, poso l'auto sul motorino, scanso il respiro, ammazzo le vittime e Ortis lo rinchiudo nel dramma visivo collettivo.

Potrei lasciare altre storie ma il naso mi spinge verso il tartufo oligarchico, il collare vola sulla coda impolverata che inseguo, è mia, non scodinzolo da quando sorrido, amo ma senza un grido, piango perché non ho nido, vivo ma non rido, l'angoscia è un aranceto, parlo con le sante, gli inferi sono sciolti, saluto al caporale, non ho più niente da raccontare, non continuo perché ripeto: non ho più niente da raccontare.


mercoledì 11 novembre 2009

Diario di un Sabato morto da vivo a 18 anni

Giorno 1

Non ci rendevamo conto di ciò che avvolgeva i nostri corpi, lei era sempre più donna, nel bene e nel male, io sempre più nella rete, catturato dai suoi sguardi, le sue provocazioni. Eravamo in una guerra continua, le armi erano i nostri difetti che si scagliavano prepotenti contro l’altro; le manie di egocentrismo di lei contro il mio orgoglio, il suo orgoglio contro lo zerbino che non volevo diventare. Due folle sole, identiche in una piazza vuota alle 5 del mattino, la dodicesima birra credo, continuiamo a guardarci ancora sobri nella politica, ubriachi ma a distanza, lei con dei ragazzi con la chitarra che chiede jonny b good, la sorella distratta dal suo giocoliere ed io fra le grinfie di logorroici presi dal lavoro, le mascherine che confondono le persone intorno al palo sordo e cieco in riso dei nostri giochi. Devo pisciare, Mario mi segue, andiamo da Nino, mentre piscio Mario sbatte la porta del cesso e mi sfotte, apro la porta e dico di andare a liquidare dentro, ma tolto l’amico ecco lei, nei suoi occhi verdi più scintillanti del solito, deve pisciare anche lei, non ce la fa più ad aspettare ,parliamo e lei ha uno strano tic, è tesa si nota, cerco di colpirla, affondare dove la si può colpire. Mario esce e andiamo via come se nulla fosse, usciamo fuori e tutti come prima, solo un po’ più abbattuto e sconfitto per colpa di qualche scintilla sgarbata che fetecchia nell’oceano sempre più simile alle sue labbra.Ora vado al porto a prendere l’auto solo e sconfitto ripensando ai miei errori quali pesano a ogni passo sempre più grandi, le luci dell’ex mercato ittico e il tanfo di pesce mi fan capire che sono arrivato.
Entro in macchina, non sono affatto lucido, ora passano i Massive Attack ed io apro un mondo sulla strada, non vedo che scintille di vetri sgargianti di incidenti passati, non vedo che sirene balbuzienti in coro tra i miei capelli, non può nascere molto dalla polvere. Rosicchio il furgone in curva, un posto di blocco, mi riscopro cattolico e spero che non tocchi a me. Filo liscio e sicuro di me, il pericolo è scampato, bisogna solo affrontare i millepiedi in fuga fra gli pneumatici e questi sadici ombrelli intenti a colpirmi. Il parcheggio mi fa pensare a te sotto le vesti, la mia precisione, la tua violenza quando ubriaca, le tue indecisioni all’ombelico, i miei Cypress Hill contro i tuoi pianisti jazz, la mia famiglia contro i tuoi gatti e quindi le mie indecisioni. Gli amici in passato m’hanno tradito per le loro ragazze, io invece dubbioso sul semplice provare i miei sentimenti, i miei tormenti, i genitori troppo distanti, cosa racconterò alla luna stasera? Ci sono mille fari da assaporare fuori l’insalata dei concerti, dentro le creme per il viso e i preservativi sigillati con gli scontrini, mille bocce da tirare contro il termos, le coperte rigide, Settembre fuori al mare, la sangria dei supermercati, i long Island del sabato e la Peroni del mercoledì, gli spinelli in luogo con il the, le ragazze a filosofia con la chitarra, le improvvisazioni con cotton, la play station giù dal balcone, gli occhiali al gusto di un freezer. M’incanto a pensar al tuo ritorno fra le mura mai troppo amiche di casa, il babbo e le sigarette, le moto sognate e chissà chi ora nel portone con te a darvi l’addio mille volte senza che mai ve ne andiate. Forse hai trovato lo zerbino giusto o il ragazzo di turno del sabato che ti affloscia se non è disturbato mentalmente come me, i miei amici immaginari, i tuoi amori per i serial killer, le 8 del mattino ogni sera a ridere l’uno dell’altro con odio convinto e doni le tue mani a corpi scarsi e nulli al mio confronto, se imparerò ad amare e tu farai lo stesso non sarà di certo merito del nostro orgoglio.

martedì 10 novembre 2009

La giusta dose di Taurina

Ho scritto bugie-bugie-bugie-bugie.
Dovrei parlare di Duomi immatricolati a targhe alterne, avari mistificatori delle tubature, di bottegai cinesi e tric-trac filippini. E invece mi compongo rubo smoking e mi spaccio, i furti di romanzi non mi renderanno mai scrittore, sono solo un blob su blog, un topico utopico, ignoranza dilagante al sapor di caffè stressato che distrugge i fortini dei bambini, ruba le pensioni e le medicine ai vecchi, strozzo lo straccio di voce che negro affonda le radici nell'ignoto, Paride, Euripide, Ninfomani venite a me e curate quest'eterno Peter Uncino, che mi venga un colpo quando sarò morto, rivivrò senza un braccio con tre seni e una spalla e non mi lamenterò se dirò sempre più del 50%. Ti dirò la verità te lo devo chiunque tu legga ma soprattutto a te...che scrivi...

Pianto alla cocaina

Sono a letto, giorno tedioso quel che è appena trascorso, solo la bus stop mi ha reso felice, d'altronde si punta a sopravvivere.
Il buio della stanza vortica la mia concentrazione in distanti pensieri che martellano il ghiaccio invernale fino a frammentarlo e rendere aguzzo metallo ciò che non era e la sua infiltrazione nella schiena pone m3 restio alla vita.
Un rumore di passi sul pianerottolo, il battigocce spiazza i passi e non scandisce la coerenza beffando la percezione degli eventi, un ombra furtiva s'accompagna lungo la cavalcata, gli zoccoli del cavallo inciampano sul motorino, ma nessuno mi verrà a trovare, ho annodato l'ora dell'attesa legando le stagioni, ho alitato con il cuore l'anima speranzosa di felicità.

Sguscio via dalle coperte, infilo le babbucce, pulisco con calma gli occhiali, a passo lento seguo quell'armonia che un attimo fa graffiava le orecchie violentando i miei sogni.
Ecco, è lì, l'attendo al semaforo bianco, lievito su un cratere di formaggio, la mia auto in sosta, la sua auto a piedi mi investe, corro in una valle di sangue, Tasso mi salverà, lei mi salverà, l'assassino è dolce e io son furtivo, il rovescio è ciò che tiene in vita,sono vivo grazie allo sporco, ave pianto alla cocaina...

domenica 8 novembre 2009

Maleducato

Retto su una lama la mia penna elettronica torna a strafarsi di mescalina e nitroglicerina, di tumulti e dadi raffinati. L'editoria senza confini straccia quel che di cielo era rimasto, per ogni vampiro ucciso con proiettili d'argento c'ho perso un po' di cuore, gli infarti son lontani, il sentiero è ancora lungo, avere vent'anni ed essere nè poeta nè studente non è poi così un buon affare.
La pelle è priva di piacere, le tue labbra vegetano sulle mie, eppure i crateri del corpo mi rendon men che morto-riprovo-acrobata triste cerca brigatisti e proprietari di visi, precursori di fantasmi e candidi sorrisi.
Eppur la pelle cangia stile gelando i vecchi umori in pensione, si riattiva il pensiero dell'immaginario, il giardino incantato è forte di streghe e folletti curiosi, fantini e versi mancati, azzurro e sereno, chiarore apollineo e oscurità dionisiache, le bimbe allegre e i sentimenti più semplici.
Il karma non è altro che superstizione intellettuale. Io l'ho ucciso e sono ancora vivo, respirami Dio e avrai un senso, senza remore o timori odio i passati e i nuovi, vivo per pochi spicci, suono e canto sull'avorio del tempo, tolgo i fermi al piano e viaggio sotto l'uragano.