domenica 28 febbraio 2010

La catena sognata

La fiala sognata,una di quelle dense di metadone e petrolio,di metano e zafferano,una di quelle che lo stomaco si svuota e il cuore soffia,una di quelle che ti fan risparmiare l'unico padre,le mille botte di stress,le continue aspettative e il sesso con un australopiteco.
La fiaba sognata,una di quelle che senti in genere dopo le fiale,con folletti a guidarti nel lungo sospiro folto di ciuffi verdi stimolati da lune basiche prive di morale,si una fiaba priva di morale,un proiettile nel sistema solare,nessuno cambia eccetto la tua mente.
La fuga sognata,è invece quella che risolve tutto,c'è solo sangue,urina,sterco e quant'altro di materiale,nulla che rassomigli allo spirito,nulla che fiuti l'indizio giusto,solo ginocchia in volo e peli irti verso il parcheggio di dio.
Ma la realtà è del tutto differente,si evolve in un cacciavite a stella,in promesse sfiancate e rutti,palpeggiamenti,stronzi,bastardi puttanieri,venditori di rose.
C'è chi cucina lumache,io uccido uomini,chi possiede la ricetta si presti pure sarà un piacere del tutto mio servire i truculenti fra sangue e crema....in fondo mi piace pensare che alcuni ancora vivi siano solo poveri morti traboccanti di dolori.

sabato 27 febbraio 2010

Piazza Duomo

La notte si affaccia silente su un arco posto nei pressi del cielo,Dio veglia sui gatti e sui citofoni,si intravedono delle scale,addobbate di una luce antica e leggera quasi di cera,non c'è mai nessuno che le sale,mai nessuno.
Scorrendo le scale ora coperte dagli occhi della notte una triste campana ride della luna,imbarazzante è il cantico sulle curve della prima e sulle macchie dell'ultima,la campana ride ma poi rintocca,il suo mestiere consiste in intervalli continuati utili agli uomini d'un tempo di certo non agli esseri digitali.
La campana è gelosa le sue urla orgogliose scemano al confronto con quelle di una coppia eterna che getta il lichene  in faccia ai dirimpettai,ai giullari e al grano,questi si sfiorano in un t'amo,riprendono però nella loro lite,andranno a casa senza pace alcuna e il cuscino sarà tritolo,nessuno dei due dormirà e sarà di certo colpa delle urla orgogliose che tergiversano nel silenzio nel quale la notte si è affacciata.

venerdì 26 febbraio 2010

Pianura devastante

Un dinosauro vacilla lungo il corso,attorno a lui manichini d'ossa,snodati,questi lo pedinano in cerchio,lo scrutano ma non inciampano volano i tombini.I sanpietrini maltesi in terra tentarono di guidarlo attraverso le loro traversate passate,le storie vissute,di quelle educate,insomma,fiato e muscoli forestali.
Lo squamoso essere s'infiltra con l'occhio nella stanza centoventitrè,incontra due ragazzini,questi hanno diciotto anni il giorno scorso compiuti,i violini lasciano scie luccicanti fra le lenzuola,traendo in inganno l'imbarazzo che li conduce,si sfiorano,si amano o forse no,quel che conta è l'eterno momento che questi stanno vivendo nel bigotto inferno che Gatto apostrofò eterno.
L'uomo rex schiuse lo sguardo dall'aula e mirò l'orizzonte,vacuo e assente,sorge una stella,si addossa il sole e prosegue lungo il cammino.

venerdì 19 febbraio 2010

Compagni di strada

M'abbandono nella quadrata terra in cerca d'altri sguardi rigidi,d'altre pestilenze da porre sui semafori ristrutturati di questa breve città.I bicchieri d'ognuno son prosciugati dal catrame,dalla nicotina,apparecchiamo bare per mestiere,c'inzuppiamo inermi fra la corrente avversa.
Una possibilità di scampo c'è,le penne d'assalto scendono in campo,oro nero fra truculenti partiti,misere puttane e vesti gravitazionali,saremo fulcri almeno per le nostre coscienze,rovesceremo i tetti saldi e rinsalderemo i cavi tremanti,vivremo di salvadanai morti,bruceremmo le fuoriserie lungo le tangenziali,suoneremo per i casellanti e li condurremo assai distanti.
La nostra tratta scoperta è un ode al rock,un inibito pornonirico,il devasto del velo nuziale,gli inceneritori  golosi saranno dei nostri e il fiato non avrà più paura e diverrà vento a favore.
Compagni di strada,di fame,di sete e di altre miserie rendiamo univoco questo foglio con mille calligrafie,con milioni di nasi e trasmigriamo il sarà in quel che è,basta navigare nel tempo con fatui se.

lunedì 8 febbraio 2010

Lapilli insecchiati

La nostra complicità ci immergeva in lapilli insecchiati che ripulivano i panni precari e gli stracci in pensione.Eravamo fluidi di carbonio innescati fra le cinture,la candida volgeva alle caviglie e le conchiglie istrioniche s'accasciavan sulle guance delle puttane.I pavimenti di suoni narravano di cieli zampillanti e sguattere sognadiamanti,le luci dei carboni non davan fiato alcuno alla miseria.Le cantanti di fine corso s'infiltravano fra la cera calda al tocco e le sedie ridotte invocavan giustizia solenne al quarto rintocco della funebre veglia.Le nostre giacche insopportabili sotto il tribunale davano fiamme sulle quali piovere,i centralinisti minimali avvolgevano la voce e iniettavano il messaggio per la Rai.Noi fuori da ciò e copiosi di baci eravamo in treno al mattino,ci attendevano ad Aosta per inaugurare i posacenere della vagina lasciando ai vivi il solo tremito di un'angoscia sulla pelle.

giovedì 4 febbraio 2010

La domestica

I comunisti bruciati fra la melma della piazza,nessuna lattina nel perimetro,fuori dal recinto indiani neri a vender fazzoletti ai semafori calpestati,le rose delle Dolomiti gioiscono ogni martedì e la schiena di lei ricurva prega la notte di Cristo.Ragazzi nel vicolo a pisciare,fumare,scopare e soliti a iniettarsi fiale,la mia nonna risale l'incenso natalizio è evaporato in anticipo,l'odore dell'infelicità rende il doppio.
Due case,due cessi,due fogne,due topi,due fiumi,due oceani,un cielo nero,audience mozzafiato.A Sanremo l'antidoping,in parlamento pusher e fotografi fanno i miliardi.
Dell'eredità culturale cambiano gli attori e regista ma i fattoni e gli amanti della pista grattano ancora il culo alle scimmie avare della scatola magica.

mercoledì 3 febbraio 2010

Sovietica donna

La mia tregua non ha condizioni è un vuoto che si inietta senza precauzioni,getta l'aria in propulsioni voluminose scandendo così i pendoli impellicciati.Guardo la terrazza dalla terrazza sei nuda,il tuo corpo è affamato e la sete di neve si adagia lungo il pesco maturo al tuo fianco,sei un medico,sei un arco di scintille che adempie il gomito posto sul ginocchio.Le mani sporche piovono dal cielo,il viakal attende la miracolosa morfina,c'è chi ha perso la vita per documentarti e tu lì,muta a mirare la danza del cielo reincarnatasi in te,il fuoco intorno non scioglie la tua brezza,la tua luce il mio mare,la tua fortezza sta nel governare,la mia salute è nel brindare.