domenica 20 dicembre 2009

Horror vacui

I miei buchi cariati vacillano in notti spesse come lampioni,i teschi delle mie ghiandole s'imputridiscono contorcendo budella interiora e quant'altro.Resisto alle fragranze aromatiche,le passanti le sbatto contro il muro,vogliono godere di culo.
La nebbia artificiale emula un viso spettrale,lei intonacata di blu s'intristisce e tende lo sguardo verso il prato,l'occhio fermo non comunica nulla un pò come questo blog,ma chi vuoi che ti legga svergognato chiasmo correlato al guinzaglio della anima.
La mia repulsione,l'affanno,le regole distanti dalla logica,la bara impolverata tutto è lì,si aspetta la processione,che precedenza sia fatta,prima gli psicopatici,gli alcolizzati,gli illuministi e le puttane io in coda a questo elemosino qualche scempio facciale.
Aspetto che la doccia venga fuori per bagnarmi di croste zampillanti,per poter vedere lei munita di olio salivato uscire per baciarmi,dopo questo che la morte bussi pure alla porta spero solo che si dissolvano questi miei versi nell'etere barbonesco,nel volto adolescenziale e nell'insanità figlia naturale dell'illegittimo padre a lungo chiamato Dio

giovedì 17 dicembre 2009

Loghi invernali

Sentivo fra i bicchieri un fruscio di loghi invernali,il mare si inzeppava di alghe e frutti acerbi,la costa frastagliata e nuda mostrava la disinvoltura del vino,rincrescendomi di ciò che per pigrizia non vidi.
Piatta e vertiginosa torna al nido l'apatia infinita,la storia d'amore più lunga della mia vita,io,lei,la solitudine accecante e bagliori scuri di demoni salvi dal sale di Cartagine.
Corrodo fra le miniere del cervello,stupida big bubble,il cervelletto cariato si stacca e dichiara autonomia,cerco la fuga dal corridoio mi sento in provetta ecco che torna.

Incubo finito,è notte:
-Buongiorno Notte-
-Buonanotte giorno dovresti dire.Non vedi che manca un quarto di ciclo ed è Siclide?-
-Ti va di uscire?-
-Con chi?-
-I presuntuosi che fanno?-
-Escono con gli egocentrici-
-I poeti?-
-Ovvio con gli analfabeti-
-I nichilisti?-
-A puttane su Omega 7-
-Ti va una pizza al subconscio?-
-Ma si-
-Che morte vuoi vedere stasera-
-Quella di un bimbo-
-Ho il delitto di Candrega-
-Perfetto-
Il proiettore proietta immagini che a memoria si recitano da sole,amo le morti silenti,quelle certe,è bello vedere quegli ingenui esseri sempre terrorizzati dinanzi alla prima vita,si abitueranno,godranno come il cristallo fra il sangue della folla.Passerà anche questo sentimento,passerà anche l'infinito,da questa morsa non si può scappare,la sofferenza non compare,l'allegria fa star male.Che ognuno pianga nel proprio bicchiere le macchie umane non si scrostano dal mio Gazebo.
-Mi spiace-Fuori!-

martedì 15 dicembre 2009

Stemma Glaciale

Lungo il sentiero desolato un mostro blu cammina di lato,cosciente dell'arrivo,ha perso le ruote con le quali era partito,accosto,gli offro un passaggio,dice che ha lavorato anche di giorno nella sua vita ma Giove non lo tollera,solo nel ghiaccio della notte muove il corpo e assorbe le luci dei neuroni nella morsa dantesca,un tempo faceva il camion ora risponde solo fischiando.
Intona versi marroni su mani traballanti dinanzi a traumi e scosse di polvere domenicale,ei diventa fiamma di violini violenti che diventano un giro per il freestyle del giovane senza patria in cerca di camaleontiche creature da depistare e trucidare.
Lustro il cuore dalla polvere,cammino su gocce come Cristo,mi getto fra la folla e all'amo abbocca una Minerva decaduta fra rubini e diamanti,io son popolare,grezzo e volgare,lei fine e impaurita si muove molleggiando le dita,io arsenico del settimo zaffiro reale duplico le speranze.
Tu chiave apollinea,io dionisiaca galera.

domenica 13 dicembre 2009

Soldi Usati

Lancia la moneta ciò che non esce è questo mondo....sisma....centro.....alibi.
Cura la pelle del vento che si trascina nel fango rompendo il vuoto sonoro,non ce la faccio sono stressato ho preso troppa aria mentre respiravo,metafisicamente,ho incontrato lei,apparentemente,come tutte:pera inguinale,tre teste,un calcio fra le squame.
E' stato subito amore.
La macchina da scrivere insulta i tumori,io bevo i tuoi fluidi sgocciolanti che picchiano la mia lingua assetata,un rumore di piuma fa crollare i miei pensieri,affamati castelli di carta ambiziosi come babele,Cristo apre la porta,mi somiglia:è solo con una fontana.
Esco,porto a spasso il drago,vedo un Fruttivendolo di pietra spacciare soldi usati,arriva un Uomo con un cappello di pelle umana,non se ne trovano così da secoli,misterioso e anche un pò goffo viene incontro con due donne trash e ricoperte di pulline licostratico,con un accento plutoniano chiedono indicazioni per l'autostrada,un ragazzino di 16 mesi su una caravella impenna fra le bimbe anziane fuori l'asilo,qualcuna s'infatua e bacia il suo clitoride.
-hai poggiato fuori l'azoto?-mi chiedo linciando via un malleolo.
-Si.Fra il teatro e l'airone-
-Va a prendere il treno-
-Dove si trova?-
-Fra Sanremo e la necropoli-
Non smanio molto di infiltrarmi fra i tubi di ghiaccio per prendere lezioni di karate,a pensarci,ho già la poesia da spremere in bottiglia che me ne farò mai della prosa se non uccidere il mio cuore da barbone satellitare?

giovedì 10 dicembre 2009

Gazebo di Saturno

Buongiorno,forse no,sono le 34:45 se non sbaglio l'ora del thè qui sul nostro Gazebo di Saturno.Prima di sgusciare fuori dalla coperta raccolgo la vestaglia sporca in terra,i guanti,l'amore e le ultime miserie.Alzo la testa e un dolore lancinante-Cazzo il motorino!-
Quel mammalucco di Perseo l'ha parcheggiato ancora in camera mia.La musica darà il giusto umore a questa giornata mesta e priva di odore,raccolgo due radici camaleontiche dal pavimento e vado giù al settimo pianterreno per un caffè.
-Quanto zucchero amaro vuoi?-chiesi gentile a me stesso
-Uno-rifletto-ossobuco che non sei altro parli ancora da solo?-
Abbassai il capo e umiliato-No solo quando sono solo-
-Mi sembra giusto!Diamo a testate la luce?-
-No oggi son stanco-
-Ma se ti sei appena alzato-esclamò con stupore
-Si ma oggi è il giorno che ho 70 anni-
-Domani quanti ne avrai?-
-8 e mezzo-
-E quando sarà domani?-
-A frittata e delizia direi...mhmm....dopo ieri-
Andai su Mestizia,il mio anello preferito,per sganciare un po di ghiaccio,è tempo di vodka alla luna verde,raccolsi un pò di polvere di stelle e volai con un salto sul ghiacciolo alla ciambella.

venerdì 4 dicembre 2009

Lontano e restio

Eravamo in tre a quel tavolo di legno,ieri su di esso si scriveva un proverbio oggi versi di graffitari in crisi esistenziali,meglio non pensare,avere vent'anni è diverso da ventuno,ogni giorno da anni è il mio compleanno,ogni giorno da anni palpeggio,per furori di quartieri ventricolari,il culo alle vecchie,Nonita dove sei l'ansia scorre sulle mie spalle precarie e gracili dinzanzi alla tua veggenza,sei infermiera di me insulso essere catapultato con umana mongolfiera su una molle terra che s'affaccia dal tuo oceano.
Vorrei affliggere i naziskin in ogni fase,ho una molotov su ogni cesso,la nota merda in south park conquista il pubblico,ma con lei,con lei non ho bisogno di feedback,il vorrei,il sale della mia aiuola,la linea esse di Quinceau,le rotte a quattro sponde di Jack The Snake,alcol,benzina,scusa se vado via,ho ingoiato il marcio metallico come un cartone di Hanna e Barbera,ho vomitato l'anima predata da avvoltoi senza fiamma,sono una iena di cassetto,faro il chirichetto da grande,scriveremo ancora di porno amatoriali e cosce bianche sinusoidali,cara scapola ti distraggo da questo posto e confesso che:
Non riesco a dormire se penso che lei può solo sognare.

martedì 1 dicembre 2009

Pulline Licostratico

Le birre calpestate che dal frigo infelici sono uscite si presentano in giacca e cravatta,alla stazione i convenevoli a telefono sono sempre gli stessi,lei appostata in un angolo,quello mancato della rotonda,ha una foto autografata dall'inibizione.
Le carte ancora sporche di caramello volavano via col vento,Dicembre come ogni anno arriva lento e persuade alla sola pronuncia di esso,io col solito mantello sulle spalle racconto storie malate alle fate.
Le favole ancora irte nonostante la siccità coprono i lettori musicali produttori di misere vite in cerca di colonne sonore,lui antipatico e stronzo con la mente perennemente a zonzo risulta falso e borghese,lei non ha ancora pretese e rinvigorisce con facce buffe mentre perde la luna tagliata male che si scioglie in un bicchiere.
Le strisce del vile sono sotto vetrina dietro un sole artefice di scandali con anelli di ghiaccio,l'orologio si spalma sul suo collo e inaridisce il mio deserto distruggendo tutti i lampioni verdi affumicati dai sensi alterati.
La mia premessa è una metapremessa,premesso ciò chiedo il permesso per premere sull'acceleratore e andare via con la nostra solita malinconia.

sabato 28 novembre 2009

Le sigarette antiche

Rastrello le case che ti sono intorno, trasporto le tue gote fra gli Autogrill malati, le foglie insecchite e i parcheggi gratuiti. Sgocciolo le tue fatiche al limite, striscio via fra i continenti più assurdi, cambio il volto ad ogni cosa da quando respiro le tue gabbie. Le tue gambe.


L'alba melmosa accostata fra noi sul far del dì, le cinture di sicurezza non ci proteggono dalla costa, ogni pezzo di mondo ha un cartoncino cristiano. Ti vorrei ma i citofoni sono inutili. Busso alla patina del dolore, la luce acceca, il profumo esplode, il quotidiano è risurrezione.

Lei si intrufola nella Dublino ubriaca di risa e silenzi meridionali, la malinconia non scappa per te è fuggire, filtro della tua quiete rissosa. La pelle avorio fra le efelidi di un centro commerciale raggruppano stelle per bus organizzati, la lista è a casa, entriamo alla prossima lezione. O forse no. Impariamo d'altro.

Gli arbusti intorno e le sigarette antiche descrivono gli alberi azzurri mai così strafatti fra gas e medicine, come è bello il mondo quando insozza la pelle tua bella. 

Non liberarmi dal tuo tormento. 

Restiamo ancora un po' in silenzio, piangi ancora un po' prima di ridere di gusto, in fondo hai ragione, l'hai sempre avuta sulla pelle. Non dirti è bello.

mercoledì 25 novembre 2009

Dritto in curva

Oltrepasso la porta,lo capisco dalla diversa pavimentazione,ho con me uno zaino di ricordi ancora da immagazzinare.Il bus zeppo di persone tutte sedute a un tavolo,sguardi fissi dietro il compagno,tutti in fuga dall'analisi,cuffie alle orecchie ed emozioni sottobanco con figurine con cui faresti a scambio,miseri doppioni.
Levo il copricapo anni 30,mi guidava,sollevo gli occhi a intervalli saltuari di tempo per un motivo preciso,continuo a guardare l'acqua zampillante sulla scarpa che oltrepassa e abbonda il calzino,sono in paralisi,il movimento della caduta è già noto e acquisito ma non riesco a discostarmi da ciò,tento con coraggio di sentire il contatto ne resto immerso e insensibile diverso invece è il suono martellante che prende eco nella mia mente.
Nell'attesa di slanci emotivi continuo ad innaffiarmi lungo i passi che cerco,mi esercito ogni giorno e duramente...Posso venire alla lavagna?

martedì 24 novembre 2009

Menestrelli sott'accusa

Osservo lento il suo arrivo,rischio di apparir assai recidivo,nella mischia cerco di non sfigurare ma dinanzi alle tue palpebre non saprò mai recitare,se quan detto sembra poco non capirete di cosa mi copro,rubini,gemme e diamanti,si brinda che il vento apra gli spumanti.
La stazione incenerita si batte per la libertà,chi parte e scorge dal vetro una patina chi resta con una lacrima,chi va via per dolore e di chi invece muore.
Chiedo venia alla platea per le rime involute,le mie labbra d'ora in poi saran mute,vivrò per mangiare,spodestare e denudare chi di qualche spiccio certo si potrà privare,nulla è il mondo senza il mio ego,nulla è il cuore se all'amor non credo,accendo mille bolle blu,sperando che il terrore non ci sia più.
Che il mio sfogo possa trovare questione,nel dilemma del miglio d'amore,reciterò ancora un pò,per qualche sorriso che ancora non so.
Che il cielo spodesti questo reame,che noi-morti per paura infame,un tempo carnivori di sorrisi apparecchiati dai quali oggi siam stati divorati

sabato 21 novembre 2009

Il mio siero

Gli zigomi fra le miniere architettoniche l'accompagnano in sale da ballo piene di rocce ma mai d'acqua. I brufoli ossigenati cantano storie di palazzi su oceani senza biglietto, le pizze filate, le corsie denudate e gli zii ubriachi per casa, la speranza riflette negli occhi.

Infiltrato fra la natura, presenti tracce umane, il marsupio dell'universo si presenta, la vista e i sensi accompagnano la visita, le cannucce di bambù della casa estiva, i nostri soggiorni borghesi, la bici rubata, le mani occupate, i ginocchi sbucciati.

La signora Clara rispolvera le torte al limone, mi immergo nella costiera frastagliata,densa di curve, gareggio senza sosta, non respiro, l'ombra del motociclista si stacca dal muro, furtivo animo silente, fruga fra i gomitoli e sbriglia i dolori.

Il telefono spolverato narra storie di draghi, vampiri, venturiero di frontiera assumo una canoa ed un remo scavalco il confine volando sul maestrale, la bora ed altri villaggi turistici. Impantanato e curvo mi drizzo sui pedali, rigetto il passato, sommergo Atlantide e dono gravità di cristallo ai sogni.

Il marrone incastonato nell'oceano blu degli occhi suoi è il soffio che sostiene il petalo nomade dipinto durante una rapina, il parabrezza è stracolmo di poesie,l e refrigero sperando che mai le leggerà. 

Volo ma mi perdo, mi ritrovo,scintillano...ecco il mio siero.

mercoledì 18 novembre 2009

Animali disumani

Vago immobile per la città,una panca m'accompagna in nitidi sguardi,le figure losche s'apprestan a passare dinanzi a me.

I sanpietrini sono ottimi contorni di luci per i miei passettini,primo pezzo di pane,proseguo lungo il viale,attivo la retromarcia,bevo acqua dalla borraccia.Altro pezzo di pane,altra traversata,questo pezzo di mondo è mio,solo mio,unicamente mio,lungi da codesta zona Dio curioso,la pensione è un arte,il tempo è infame.
Le pietre del pennello mi guidano,tronfio e borioso accondiscendo il basso ventre,accendo la sigaretta alla tredicenne,sbottono il pudore e le afferro una mano,dono amore e risulto villano,sbatacchio gracile dal vento,sarò l'ambulanza contro questo vento tremendo.
L'erba alta della lungomare,nobile casa dove la carcassa mia riposa,una peroni,l'acqua dei barboni,una chitarra e putridi regni nei miei sogni,resta sveglio ciò che non c'è.

Attendo alla fermata i prossimi passi per casa,sono indeciso spruzzo versi nell'etere,ingombro la città di poesie,litanie,carte e vili cicche.
In nulla son diverso da loro,son figlio di chi non ha decoro,m'impongo il contegno,bruciando ciò che ho dentro,vacillo da ubriaco ma così sobrio non son mai stato.

martedì 17 novembre 2009

Urla Invernali

La neve bianca trasuda sul viso di lei, composta ed educata stringe a sè il suo angolo di cielo, lo difende come fosse gravida, lo ama perchè di lei è casa.
Il mio volto trasale migrando la mente verso Olimpia e i detriti, gli incidenti sull'A3.
Frugo fra i mondi sommersi nei quali è lei la guida, la fatale, la maestra, tanto in vita quanto carnale.
Derido tutta la notte che si propone innanzi al tempo mio,sberleffo le cucine e assaggio i vini delle cantine, proseguo violentando la chitarra in una notte cruda, aspettando Venezia e le sue blu sirene acquatiche.
Ricordi i furti scanditi in valzer viennesi, ci riparammo in alberghi slovacchi contemplando i soli ricci e la Venere rugosa anch'essa in fuga da sè stessa, gli specchi la tormentano, tu imponi di giocarci, ritrovo la mia Valchiria zeppa di sorrisi deficienti e trappole per topi sottili.
Assapori il suo corpo, tu m'imponi di leccarle il dorso, mi rifiuto, mi frusti, obbedisco.
.....
La sigaretta fine ti accompagna nel quadro svanito in un attimo, resterà in fondo solo un microsecondo nel quale giocammo con il sesso lasciando la neve a domar sul tuo viso in quanto non capace della tolleranza verso il macabro silenzio.

sabato 14 novembre 2009

Luna imbarazzata

Altro girone, nuova lei, ideale che vorrei, emozione, cade l'astuccio, labbra incerate, impresse.


Banale m'attacco alla penna, la poesia senza accenti rime o punteggiature, mi diverto senza sosta a fischiare sotto la tua porta, per presentarmi c'è stato il passato, ancora una volta l'ho bruciato, mai più lotte di classe o sbarchi lunari, via alieni dalle sciarpe protettrici dei miei viali.
Non mi avrete mai.
Siamo due folle sole e lo sai.


Le Fiandre, il paese della Nebbia, ancora m'accuccio quando sosto su di un utero, i sogni di un anrchico: capsula gravitazionale, sportelli aperti, luci spente, fumettistico sonoro, scontro contro le auto blu, le divise blu, le manette blu e che vuoi tu.
Le curve son tutte dritte, attendo al semaforo bianco un auto a piedi mi investe, balzo in avanti cadendo all'ingiù, poso l'auto sul motorino, scanso il respiro, ammazzo le vittime e Ortis lo rinchiudo nel dramma visivo collettivo.

Potrei lasciare altre storie ma il naso mi spinge verso il tartufo oligarchico, il collare vola sulla coda impolverata che inseguo, è mia, non scodinzolo da quando sorrido, amo ma senza un grido, piango perché non ho nido, vivo ma non rido, l'angoscia è un aranceto, parlo con le sante, gli inferi sono sciolti, saluto al caporale, non ho più niente da raccontare, non continuo perché ripeto: non ho più niente da raccontare.


mercoledì 11 novembre 2009

Diario di un Sabato morto da vivo a 18 anni

Giorno 1

Non ci rendevamo conto di ciò che avvolgeva i nostri corpi, lei era sempre più donna, nel bene e nel male, io sempre più nella rete, catturato dai suoi sguardi, le sue provocazioni. Eravamo in una guerra continua, le armi erano i nostri difetti che si scagliavano prepotenti contro l’altro; le manie di egocentrismo di lei contro il mio orgoglio, il suo orgoglio contro lo zerbino che non volevo diventare. Due folle sole, identiche in una piazza vuota alle 5 del mattino, la dodicesima birra credo, continuiamo a guardarci ancora sobri nella politica, ubriachi ma a distanza, lei con dei ragazzi con la chitarra che chiede jonny b good, la sorella distratta dal suo giocoliere ed io fra le grinfie di logorroici presi dal lavoro, le mascherine che confondono le persone intorno al palo sordo e cieco in riso dei nostri giochi. Devo pisciare, Mario mi segue, andiamo da Nino, mentre piscio Mario sbatte la porta del cesso e mi sfotte, apro la porta e dico di andare a liquidare dentro, ma tolto l’amico ecco lei, nei suoi occhi verdi più scintillanti del solito, deve pisciare anche lei, non ce la fa più ad aspettare ,parliamo e lei ha uno strano tic, è tesa si nota, cerco di colpirla, affondare dove la si può colpire. Mario esce e andiamo via come se nulla fosse, usciamo fuori e tutti come prima, solo un po’ più abbattuto e sconfitto per colpa di qualche scintilla sgarbata che fetecchia nell’oceano sempre più simile alle sue labbra.Ora vado al porto a prendere l’auto solo e sconfitto ripensando ai miei errori quali pesano a ogni passo sempre più grandi, le luci dell’ex mercato ittico e il tanfo di pesce mi fan capire che sono arrivato.
Entro in macchina, non sono affatto lucido, ora passano i Massive Attack ed io apro un mondo sulla strada, non vedo che scintille di vetri sgargianti di incidenti passati, non vedo che sirene balbuzienti in coro tra i miei capelli, non può nascere molto dalla polvere. Rosicchio il furgone in curva, un posto di blocco, mi riscopro cattolico e spero che non tocchi a me. Filo liscio e sicuro di me, il pericolo è scampato, bisogna solo affrontare i millepiedi in fuga fra gli pneumatici e questi sadici ombrelli intenti a colpirmi. Il parcheggio mi fa pensare a te sotto le vesti, la mia precisione, la tua violenza quando ubriaca, le tue indecisioni all’ombelico, i miei Cypress Hill contro i tuoi pianisti jazz, la mia famiglia contro i tuoi gatti e quindi le mie indecisioni. Gli amici in passato m’hanno tradito per le loro ragazze, io invece dubbioso sul semplice provare i miei sentimenti, i miei tormenti, i genitori troppo distanti, cosa racconterò alla luna stasera? Ci sono mille fari da assaporare fuori l’insalata dei concerti, dentro le creme per il viso e i preservativi sigillati con gli scontrini, mille bocce da tirare contro il termos, le coperte rigide, Settembre fuori al mare, la sangria dei supermercati, i long Island del sabato e la Peroni del mercoledì, gli spinelli in luogo con il the, le ragazze a filosofia con la chitarra, le improvvisazioni con cotton, la play station giù dal balcone, gli occhiali al gusto di un freezer. M’incanto a pensar al tuo ritorno fra le mura mai troppo amiche di casa, il babbo e le sigarette, le moto sognate e chissà chi ora nel portone con te a darvi l’addio mille volte senza che mai ve ne andiate. Forse hai trovato lo zerbino giusto o il ragazzo di turno del sabato che ti affloscia se non è disturbato mentalmente come me, i miei amici immaginari, i tuoi amori per i serial killer, le 8 del mattino ogni sera a ridere l’uno dell’altro con odio convinto e doni le tue mani a corpi scarsi e nulli al mio confronto, se imparerò ad amare e tu farai lo stesso non sarà di certo merito del nostro orgoglio.

martedì 10 novembre 2009

La giusta dose di Taurina

Ho scritto bugie-bugie-bugie-bugie.
Dovrei parlare di Duomi immatricolati a targhe alterne, avari mistificatori delle tubature, di bottegai cinesi e tric-trac filippini. E invece mi compongo rubo smoking e mi spaccio, i furti di romanzi non mi renderanno mai scrittore, sono solo un blob su blog, un topico utopico, ignoranza dilagante al sapor di caffè stressato che distrugge i fortini dei bambini, ruba le pensioni e le medicine ai vecchi, strozzo lo straccio di voce che negro affonda le radici nell'ignoto, Paride, Euripide, Ninfomani venite a me e curate quest'eterno Peter Uncino, che mi venga un colpo quando sarò morto, rivivrò senza un braccio con tre seni e una spalla e non mi lamenterò se dirò sempre più del 50%. Ti dirò la verità te lo devo chiunque tu legga ma soprattutto a te...che scrivi...

Pianto alla cocaina

Sono a letto, giorno tedioso quel che è appena trascorso, solo la bus stop mi ha reso felice, d'altronde si punta a sopravvivere.
Il buio della stanza vortica la mia concentrazione in distanti pensieri che martellano il ghiaccio invernale fino a frammentarlo e rendere aguzzo metallo ciò che non era e la sua infiltrazione nella schiena pone m3 restio alla vita.
Un rumore di passi sul pianerottolo, il battigocce spiazza i passi e non scandisce la coerenza beffando la percezione degli eventi, un ombra furtiva s'accompagna lungo la cavalcata, gli zoccoli del cavallo inciampano sul motorino, ma nessuno mi verrà a trovare, ho annodato l'ora dell'attesa legando le stagioni, ho alitato con il cuore l'anima speranzosa di felicità.

Sguscio via dalle coperte, infilo le babbucce, pulisco con calma gli occhiali, a passo lento seguo quell'armonia che un attimo fa graffiava le orecchie violentando i miei sogni.
Ecco, è lì, l'attendo al semaforo bianco, lievito su un cratere di formaggio, la mia auto in sosta, la sua auto a piedi mi investe, corro in una valle di sangue, Tasso mi salverà, lei mi salverà, l'assassino è dolce e io son furtivo, il rovescio è ciò che tiene in vita,sono vivo grazie allo sporco, ave pianto alla cocaina...

domenica 8 novembre 2009

Maleducato

Retto su una lama la mia penna elettronica torna a strafarsi di mescalina e nitroglicerina, di tumulti e dadi raffinati. L'editoria senza confini straccia quel che di cielo era rimasto, per ogni vampiro ucciso con proiettili d'argento c'ho perso un po' di cuore, gli infarti son lontani, il sentiero è ancora lungo, avere vent'anni ed essere nè poeta nè studente non è poi così un buon affare.
La pelle è priva di piacere, le tue labbra vegetano sulle mie, eppure i crateri del corpo mi rendon men che morto-riprovo-acrobata triste cerca brigatisti e proprietari di visi, precursori di fantasmi e candidi sorrisi.
Eppur la pelle cangia stile gelando i vecchi umori in pensione, si riattiva il pensiero dell'immaginario, il giardino incantato è forte di streghe e folletti curiosi, fantini e versi mancati, azzurro e sereno, chiarore apollineo e oscurità dionisiache, le bimbe allegre e i sentimenti più semplici.
Il karma non è altro che superstizione intellettuale. Io l'ho ucciso e sono ancora vivo, respirami Dio e avrai un senso, senza remore o timori odio i passati e i nuovi, vivo per pochi spicci, suono e canto sull'avorio del tempo, tolgo i fermi al piano e viaggio sotto l'uragano.

lunedì 28 settembre 2009

Ritorno a casa (quella vera)

Scappi con un bacio dalla mia auto d'un tratto diventi concisa,via,sei sparita fra le scale d'ombra.
Guardo l'asfalto vedo vetri luccicanti,accelero per trovarne altri,accelero senza meta,le auto ai miei lati diventan alberi rapidi e sfuggenti,io graffio l'etere con gli abbaglianti e taglio in due la città.
E' notte fonda e la mente implora pietà per il corpo che getta via tutto il buon senso con un soffio vitale,mi spingo un pò più in là,catalizzo la mia marmitta con i tumori trafficati e lego lo spago alla luna,così,un pò per noia.
Lo sterzo è mio schiavo o il concetto è inverso,poco conta,mi destreggio fra i cartoni del mercato, buco le piazze con scie metalliche,punto la litoranea,il rettilineo nella sua semplicità rasenta la bellezza plotiniana,anche se il bene oggi non c'è,nulla coincide se non la morte che inneggia alla vita,si stacca dal mio corpo un settantino di bell'aspetto,cita versi di Rederdy e si innamora di me,vuole una sigaretta,vuole il fuoco,accelero per accontentarlo.
Tu dal satellite non vedrai altro che un muto in fiamme fra una scatola marcia al fianco di una preghiera fallita.

domenica 27 settembre 2009

Ritorno a casa

Mesto guido me stesso verso casa, attraverso la strada senza sguardo alcuno, nè destra, nè sinistra, solo il passo costante e strusciato che lento conduce il misero corpo alla sua bara, il marciapiede è asfaltato e al lato si notano: cicche, filtri per drum, manifesti elettorali a brandelli come l'anima di ogni politico.
Dinanzi al portone in terra vi sono resti di una cerimonia, pesto il vostro riso nuziale, macchio le coccarde con il sangue che mi trascino da tempo imprecisato, mi reggo con il battigocce del portiere, valico una pozzanghera di piscio animale che disorienta i miei neuroni.
Troppo stanco per salire quei gradini demoniaci, troppo inquieto per attendere l'arrivo dell'ascensore, una decisione però va presa.
Ascensore sia, è all'ultimo piano, scrivo sui muri graffiando le mie narici con odori nauseabondi che mi guidano lungo il corridoio, penso a mia madre, alle botte che mia sorella da me subisce, ai pianti, agli esaurimenti, entro nell' 1x1 con specchio malefico annesso, vedo scogli luminosi pronti a sventrare il cuor mio, vedo un volto, gli domando chi sia, canto una canzone, sono stonato, lo so, non canto più, sono in silenzio, muto, causa ed effetto coincidono, tiro un sospiro dinanzi allo zerbino, apro la porta e la rabbia diventa un diritto dal quale non so scappare.

lunedì 14 settembre 2009

Comunisti su Venere!!!!!!!!!!

Sono ancora in ombra le luci della schiena, il fumo del camino canta alla triste sera, non so se sarò mai brillo, se il mio futuro ha un senso ma di certo posso dire che s'ei piace ei lice...
Frugheremo ancora dentro le liste dei baristi, i tuoi dolci controsensi son cigni ammuffiti da anime supreme, lasceremo ai posteri i nostri baci, leggeranno in pochi le penne magiche e frigoriferi tascabili, asfalteremo ancora il muro con bombe nucleari e voteremo per il grande centro che scontenterà tutti.
Ladri di futuro destatevi alla svelta che i vostri onirici sogni presto svaniranno nella cupa sorte di chi a sberleffi prende il karma, verrete surrogati da politici papponi e ministri in mini gonna, sarete anonimi portaborse senza applausi o titoli adeguati al precedente tempo.
I tuoi occhi brillavano al buio-la mia prosa è un perenne background in cerca di gloria umida-il carro ti conduceva da stelle balbuzienti al tuo arrivo, io mortale ti aspetterò che tu sia con i comunisti su Venere o con un sigaro su una Panda, io ti aspetterò costi quel che è gratis...

giovedì 10 settembre 2009

La Compagnia della Morfina

Il nostro fortino era semplice melma con aste di ghiaccioli, distribuivamo le tessere del PC in cambio di qualunque sputo usato, pochi stracci ricoprivano le nostre miserie, ma nonostante ciò neppure il laser poteva scannerizzare le nostre menti, eravamo semplicemente disagiati, malati, ma con orgoglio.
Provinciali strafatti del tutto assuefatti, ridicoli e larghi ZAMPAVAMO le strade del centro storico come gangster o meglio come le pistole dei gangster, piccoli tumulti si sentivano fra le ortiche dei nostri cervelli, erano i gradini scalati per giungere al ventricolo del cuore nervoso, era l'anatomia sfalsata dei nostri sintagmi incarniti nel vento settembrino.
Non c'era nulla di fantasmagorico, solo quiete, niente di sommesso, solo quiete, nulla che potesse scalfire l'euforia malinconica, solo quiete, eravamo una piazza, un locale, un bar, un muto, dei calzini oppure pettini per cicatrici, ma prima di tutto eravamo la Compagnia della Morfina.

lunedì 7 settembre 2009

Non ci arresteranno mai

Andremo ancora al cinese giù ad Oslo, parlando di miniere da rottamare fra le auto parcheggiate per dondolare, costruiremo il re degli Inferi con i tuoi poteri e le mie repressioni, siamo sadici come gli orsi con le pantere di metallo, saremo vacui e morti con sorelle di pane alla vitamina, baceremo le cugine del filo interdentale, lustreremo le scarpe ai traghettatori, resusciteremo fra le tequila e dromedari, investiremo nei centri sociali e falliremo senza eguali, mai più geleremo dinanzi al fuoco materno, ricordi? Riempiva i cannoni con grammi e milioni di santi, saremo cruscotti malefici e moriremo ogni volta che vuoi...per questo domani ti sposo nel supermercato, le strisce pedonali ti condurranno all'altare, la polizia ci seguirà nelle estreme unzioni, ora divorzieremo con le segreterie telefoniche e avremo figli da ammazzare...per questo domani ti sposo...non ci pagheranno cauzioni ma nonostante la galera e le chiavi in gola...non ci arresteranno mai...

mercoledì 2 settembre 2009

Vendetta fatta in casa

Alberi di fuoco, le fiamme spaventano e orientano i passanti un tempo distratti, chi si cura della notte? L'alba fortifica le ossa e i panettieri tornano dalle discoteche infarinate a strisce su specchi nel forno delle minigonne a microonde.
Se non lo sgrollo non è giorno, di certo mi alzo al tramonto nel frattempo faccio lo spazzino, osservo i semafori e attendo il mio mestiere, se tutti lo facessero sarebbe meglio? I sanpietrini ululano dinanzi al boia, pronti ad essere flagellati mischiano le carte burlandosi delle favole dei vostri orgasmi. L'auto è appannata, qualcuno bussa, chiede soldi o riscatto? Niente di che solo un altra lampada che si sogna stella.
Le VOSTRE false promesse s'affollano nel pentolone che ribolle ed è pronto a sterminare i VOSTRI averi, i VOSTRI figli vi bruceranno vivi, mangerete pezzi della VOSTRA stessa carne infilzata da aghi per ottimizzare le prese dei nostri spuntini, non sarete mai soli ma vi sentirete smarriti nella VOSTRA dimora, gli indigeni saranno coloro che ora in affanno si reggono a stento irti, le zolle sincopate vi spartiranno moglie e famiglia e non avrete più alcuna rendita sicura.

martedì 1 settembre 2009

Canzone del sarà

Le urne teleferiche addobbate fra le miniere-cantano a squarciagola panni multicolori-presto il mozzo avrà il figlio timoniere e tutte le lanterne saranno luminosa ombra per gli irradiatori-che gli ridono pure addosso come fossi nei pianeti rossi completi a tiro nel rosso petrolio zaffiro-e che pianghi pure il cielo tra i dossi-color pece tra gli alberi che pisciano dallo Shakiro.
Il sorriso di una cometa sarà l'occhio dell'artigiano-sabato sarà banale ma festeggeremo-con cori masterizzati e catene del fusto di un caimano-tanto si sà pulluliamo in ciò che saremo.
Nuove labbra in foto all'insalata-l'oceano presto soffierà sulla strada-faremo gli autostop con i cervi-saremo lucri di falci metereopatiche-attaccheremo le lampade per vedere l'azoto e i ribelli.
Nelle liste di centro ci sarà Ezechiele-ci fingeremo preti e apriremo un locale-con tavoli a forma di San Michele e tutti dovranno pagare alla cassa e all'altare.
I morti non saranno mai graditi-gli ospiti potrebbero grattarsi i cellulari-avremo un sorriso lungo i fiori conditi e faremo festa con tutte le tenere liceali.
E che si fotta pure il tesoro del domani-noioso flagello della curia dei presuntuosi.

lunedì 31 agosto 2009

Asa nisi masa

Il terzo braccio che ti accarezzava la vertebra, eravamo flusso di coscienza con dita militari, i nostri sorrisi multietnici si frantumavano nelle scogliere tumultuose, i ricci delle vasche erano dolci serpenti in cerca di Nefertite, tu fantasticavi fra le scritte dei miei muscolosi muri, io m'abbandonavo al mutismo, non litigavamo se non con gli schiaffi, non scopavamo se non con gli artigli, eravamo miserie doganali rifatte da Dio, gli atleti con il fiatone non ci raggiungevano e noi sventravamo le pantere sbavate. Pullulavamo di sudore, eravamo croste deficienti, la felicità di Fellini guidava le nostre anime su autostrade in panne,ritmi avariati e case urlanti, la luce quadrata della stanza, le sbarre in pelle, i suicidi newyorkesi le finestre addobbate a palchi, il cuscino era tritolo, non c'era più spazio per sogni al cloro, qui adesso urge aria, aria, nulla varia a noi basta aria.
La tradizione mai cenere sarà, ci saranno ancora funerali e matrimoni e quanti guai fra le tasche di Dublino, racconteremo di fili interdentali alla mescalina nel nome della rosa sanguineremo con i marinai, arriveremo a un porto ghiacciato, saremo russi e senza fiato, romperemo i finestrini delle auto bruciate dal nostro smog, indosseremo risate, grasse goffe e consumate, saremo carboni per i vostri motori, ammazzeremo le vostre mogli solo così della vita saremo amanti.

martedì 25 agosto 2009

Morte gloriosa (articolo in basso a sinistra)

Era lì a ridere fra i suoi wodoo inutili, abbracciati fra lampade e nastro isolante,la frangetta alla sua età mascherava le rughe e crespa sudava, lei era lì con la sua collana fatta con ossa di militi ignoti, aveva una pesca frantumata ai bordi fra le mani, il locale era deserto ma i suoni erano attivi, gli affari molto meno, il disastro fu quando l'idea di servire al tavolo fumetti per liceali si rivelò nulla lasciando che essi divenissero ottimi filtri per spinelli, questo insuccesso maturato senza il minimo rispetto acuì il suo dolore.
Lei ancora lì a ridere di gusto come se dinanzi vi fosse un clown di quelli allegri sul palcoscenico vivace di colori e armonie e invece la scena recitava cosi: lei/il tavolo/il posacenere pieno/un marciapiede strafatto e una bottiglia alle ultime gocce.
Alcuni ragazzini nel frattempo sgraffignavano thè, birre e caramelle, ritenendosi furbi e capaci. Il cuore di lei cominciò a singhiozzare, un tempo era ballerina di tango oggi non tentava nulla perché il ritmo cambiasse, non vi era motivo, la musica sembrava accompagnarla verso il collasso fatale, il tutto sfumava nella tragicità dell'opera dolce quale i miei occhi stavano assistendo gonfi di petrolio, sudati e inermi, lei pure sfumava nella grottesca provincia in cui si era trasferita, la caduta dalla sedia apparve prevista e il suo volto come da tempo non accadeva si rasserenò e la risata divenne un sorriso in cerca della zolla di terra sognata, la sua morte assunse aspetti leggendari mentre il suo nome fu Wiskey per barboni.

sabato 22 agosto 2009

Ombelico floreale

Piazzo la bomba, scappo, fracido di vergogna, scrollo la menzogna dei suoi occhi con un pesante sospiro, provo a provare sentimenti, soffoco.
Piazzo la piazza ai miei piedi, guascone di periferia annaspo nella letizia autunnale, provo a captarla, a renderla equazione, affogo in una montagna.
Piazzo le cicche nel posacenere, rido e colpevolizzo l'acqua, sudo gratis su un divano piazzato fuori le porte del cielo, sogno, crollo in una nuvola.
Mangio l'olfatto di un caos floreale, spuntano semi da tastiere inumidite, compro fazzoletti ai semafori, vivo nel centro gravitazionale chiamato ombelico.
Grido a sparsa voce senza un oggetto da amare, senza un volto da ricordare, bestemmiare, senza un carro da guidare, rivoltare o ammazzare.
Entro nella cella, lei bianca getta un urlo degno, albina e indemoniata eccita i miei neuroni, ha dodici anni, io un colletto chiaro fin troppo, madre salvami nel frattempo lascio le ultime memorie.

martedì 18 agosto 2009

Articolo in basso a destra

Lei resuscita da una vita. Io incastrato nella paranoia, creiamo fluidi armonici densi di acne vegetale, sospiriamo ancora con i cani abbandonati, la notte fredda e consistente con un peso acre e gotico.
Battiamo sui viali le molecole avanzate dai nostri orgasmi che trasudano stricnina fumata male. Lasciamo al nulla la beffa del tempo, scondinzoliamo ancora un po' rendendo il tutto vano, voliamo su vespe commiserando le morti dei termosifoni.
Le nostre macerie saranno polvere di mare che mai alcun verso potrà eguagliare, mai potrà seguire il sentimento vivo del nostro squarcio di mondo. Urlando al popolare rivoltato in due tombe una secca e una piena in mare. La carnale frantumata da pub di legno e i pilastri del wiskey vanno giù sulla periferia.

FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER
IO CORRERO' CON LE LACRIME A CENTOALLORA
LASCIAMI STORPIO A SOGNARE LASCIAMI STRETTO A VOLARE LASCIAMI SECCO A SOGNARE
IMPARERO' A GALLEGGIARE, A FARE SOGNI LUMINOSI CHE IRRADIERANNO IL TUO SENTIERO OVATTATO DAL MIO SANGUE.

Non ci saranno mine perchè saranno sul mio petto, non ci saranno pugnali, li avrò tutti sulla schiena, il freddo violentò sarà condensato per lo smog, la nebbia sarà sterile e il vento gonfierà le tue ruote.

FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI COL TUO SCOOTER FUGGI CON IL TUO SCOOTER
IO CORRERO CON LE LACRIME SULLE SPALLE
LASCIAMI MORTO A STONARE LASCIAMI MORTO A STRAFARE LASCIAMI MORTO A RESPIRARE
COLLASSERO' GALLEGGIANDO FARO' CIAO A TE IN SALVO CREDENDOMI VIVO
SARO' IN UNA RISSA DI FIAMME, MA CON L'AMORE IN SALVO.

lunedì 17 agosto 2009

Domani tra i tarli

Era lontano dai nostri discorsi sempre con la mente distante, inverno-autunno, saturno-marte, i suoi poteri non li captavamo, era folle nella sua quiete, esemplare ultimo e vissuto di un essere sconosciuto, gli spaghetti sul verde, le macine industriali, il ph del terreno era uguale a quello dei suoi capelli.
E fu con lui, lì-dietro la drogheria della quinta strada, su un prato verde avorio, tetro, astratto e malinconico, il petrolio fuoriusciva dai suoi occhi che tu lo guardasti per un solo momento e divenisti sua sposa, io acquistai ciò che avrei potuto rubare, il tuo addio, quindi la mia solitudine, il suo castello quindi la mia fogna.

La mia sconfitta maturata sterile e invisibile, oggi compiange il muschio vivo e lascia la speranza a sgocciolare senza scadenza, mi affido a luci programmate per il mio umore non affidando nulla alla gioia o al dolore, sono io il diverso, cambia prospettiva, guarda il profilo, svuota l'account, sono perso senza sterzo, chi mi condurrà al retto sentiero designato dai lor signori?

Io metal al mattino, oggi bianco volto privo di cresta.
Io RUGGINE svuoto l'uccello a chi piscia più lontano, eravamo vicini, tu ombra io RIFLESSO.
Oggi siam nemici e le lotte elementari risultano sultani poco virili.

venerdì 14 agosto 2009

Resti di Radio

Cosa vuoi che lasci? le intemperie del verno scorso? Le lanterne bruciate nei vicoli assassini? Le sirene vegetali del corso? Io ho rosicchiato il ventre di Venere in cerca del Paco, frenetico ho gettato litri di lava aspettano una coordinazione naturale, invano ho osservato il mare sperando di trovare fra le coste uno schianto luminoso, ma nulla è caduto fra i gomiti assetati.
Cosa vuoi che dica? I flussi migratori del mio essere invocano solitudine e felicità senza dosi nè quantita definite, attendo senza sosta sotto la tua porta per rendere questo addio più banale, per dare al pubblico ciò che vuole, l'aranciata sul tappeto è nei cassetti mnemonici, io resto solo sui tuoi gradini di marmo, lancio pizze a forma di vernice e prendo i fiori più neri aspettando il tuo ritorno, aspettando che Londra si avvicini ancora un pò, con rami e cascate sarò lì, netturbino ubriaco nella notte a stonare.

martedì 4 agosto 2009

Monkey Island

Non dovrai far altro che asciugarti sul ponte, sarò lì, io sole, io damigiana, io riso sull'Aversana. L'autostrada del secondo mondo ci porterà senz'altro a una città, non fidarti mai dei trasporti urbani o dei ladri in borghese, siamo tutti in divisa eccetto i furbi di paese.
Le passeggiate inutili nella notte, le pattuglie storte, le auto fracassate, gli incidenti violenti con esseri presumibilmente umani, macellati nel legno di un chiosco, venderemo ancora fiori ai morti, giocheremo ancora con Guybrush Treepwood, ci insulteremo e conteremo i morsi dei ventilatori.
I cessi saranno rugosi, contrarremo l'alienazione su quel materasso dove le due piazze saranno violente con scontri tra fazioni, disegnerò percorsi con le dita sul tuo corpo, renderò lattina i tuoi capelli, affronteremo la digestione sulle Alpi, lasciando i Cantanti a Bologna, i Poeti a Firenze e gli Alieni a Salerno.
Non dovrai far altro che bagnarti di provincia succhiando le angosce dei palazzi a tre piani, degli architetti di rione e lasciare che gli scooter seguano le follie telecomandate progettate sin dall'età della pietra fino al millennium bag, ci vediamo da Nino senza grassetto bruciato.

domenica 2 agosto 2009

Signor Censore

Vuoi davvero parlare del tuo primo hashish o delle continue soluzioni al cortisone? Vuoi afferrare ancora i tombini come gusci o abbracciare le labbra al tramonto? Ti seppellirò ancora una volta per dar fiato alle tue ambizioni, le lavatrici fuori i portoni, il riciclo dell'ambiente malato.
L'asfalto fuori la parete si affianca alla scuola di ballo, sbirciare, annusare, tessere cartoni fuori i tabacchi, vendesti sale ai romani sapendo bene i loro affari, passasti per Cartagine accanto ad Einstein e giapponesi in collasso.
Partire, tornare e ricominciare, il ciclo che mai passa e tardi arriva quando è in dovere, i diritti delle chiese bruciate da manifesti italici, la prima qualità del pony è che mai cresce, la mia è che lo ammazzai, Peter cerca ancora oltre la bara paterna, Matierno brulica di facce assai note.
Non sarai mai più figlio di una lavandaia, le bolle le lascerai ai prosperi, sarai falegname della tua bottega, fuggirai con Cuba verso una barca, i remi saranno dispari e la Berti sarà triste, il patetismo della divisa, il padre fuori dai coglioni.
Parlerai ancora di metafore fisiche o fonderai parole come fra le imprese di malto, succhierai ancora Popper fuori dai cantoni dove baciasti il tuo primo lupo, canterai ancora di farse e commediografi, masticando le nuvole figlie dei fiori.
Chiuderai le tue finestre fra le scodelle fumanti, morirai fra le pannocchie e il divorzio, lasceremo tutto a chi vive come noi mutando intanto in un foglio e un pezzo di via...

sabato 1 agosto 2009

Condotto senza squame

Buongiorno notte, chi l'avrebbe detto? Ora una musica ebrea ti accompagna alla porta, hai accarezzato coperte, libri. Le poesie di Valery le hai amate. Hai pianto di gioia, hai amato con i pori dell'autolavaggio, lo specchio era nauseante, hai scattato molte foto e condotto i ricordi attraverso i ventricoli d'ovatta.
Il limoncello era grazioso fra le due labbra, la dinamite l'ho accantonata, oggi non bramo sangue altrui, l'odio ora è solo un film di banale denuncia, la favola prende forma, tu sali le scale verso il castello delle lamette, dal marmo nascon fiori addestrati ai sensi umani, oggi i pappagalli regalano un ambo sicuro, presentati e dona un luigi d'oro.
Le calorie del bacio, i sapori del nostro microcosmo, le chitarre appaiate fra i palombi di piazza San Francesco, le forbici e le manette, i fazzoletti e i dizionari, le madri autoritarie, le piazze asciutte, Giuliano Palma che canta e noi fuori ad ascoltare il thè dell'Alahmbra, bassa e felice, i centimetri della faccia accarezzati come distributori nei deserti.
L'alba ancora la timbriamo in vecchio stile ma il filtro del nostro amore è in una stanza di una casa popolare, oggi ben poco reale.
Soffieremo ancora insieme la vela della discordia e lo sai però oggi è un gran giorno...Buonanotte giorno.

giovedì 30 luglio 2009

Compagni di strada

Rideremo ancora dei tir dell'Heineken, durante i filoni invernali, fuori dai garage al tempo benedetti dai writers, piazzeremo ancora cadute dagli SH ridendo sotto la pioggia fratturata. Le discese post tangenziali, le strisce pedonali in curva, la musica nascosta fra pareti di polistirolo, come i tuoi occhi, come i veleni dei villini fuori città. Avremo ancora riccioli fra le mani e ricci di mare, torneremo a cogliere i funghi per strafarci in tenda su montagne sperse. Le Principesse saranno lontane dai nostri troni sporchi di crema, le soluzioni al mirtillo per rivivere, le bruciature di sigarette fuori le finestre del bosco.
Poi rincorsi però una cometa alcolica e ti persi amico mio, ma sai era una brillante calamita per il fegato, giunsi in Siberia sognando, colsi la Cina fra le mani nel dormiveglia e scrissi un film su un barattolo nomade.
Ridotto a un osso di cinghiale mi ritrovai su una salita, baciai una liceale al gusto di erba sintetica, mi innamorai di dodici madri e raggiunsi orgasmi con sguardi, ora la bara mi aspetta, come una moglie il primo giorno a casa senza il giardiniere. Io sarò marito, cornuto e svampito, stanco e morto, ma dal sogno per sempre rapito.

I display indiani di passaggio fra le mani

Sorge il sole fra le tue spalle, cara Dea industriale, priva di alcuna dote se non la bocca, oggi ho perso un orecchio con un amico, ho abbracciato l'Albania alle 5:47, sono resuscitato sotto sembianze umane, la barba si è accumulata fra granai salentini. I vigneti sono stati corteggiati dal frumento sparso a chiazze dei lampadari.
Le cicale urlano dalla gioia, insieme, fratelli, gemelli, anche qui la gioia ha un suono, noi mai più dormiremo senza il loro dolce fiato, nel bus ho trovato il coraggio, l'autista era blu vischio.
La sua timidezza, le punte della Sicilia, il seno dei gomitoli; era tutto bianco e dovevo ancora bere, era tutto splendido e dovevo ancora bere, era tutta abitudine e quindi mi rifiutai, era tutto condiviso e per questo scappai, era tutto unito e perciò ti eclissasti.
I display degli indiani ascoltati nel dub franco-algerino, il secondo mondo ci aspetta, classifichiamo tutte le forchette, cantiamo con Silvio. Piangiamo sale e cospargiamo il riso della menzogna, lasciamo che le palle rimbalzino fino a tappare i vulcani, i camioncini napoletani faranno il resto, comprate, comprate, io sono un barbone miliardario, poveri nicotinomani dell'apparenza.
Lasciamo che queste deboli parole scrivano del tantra del jembè, di tutti i passi coerenti e che il mio ballo non sia un caso programmato, ma una cascata di omicidi privi di senso.

sabato 18 luglio 2009

Folla igienica

I plettri fradici di sapone, le unghie scrostate fra i crateri, le lacrime macchiate, le vesti della Padania, le spiagge notturne, il bar sempre fermo, i codici delle pomate irraggiungibili, le autostrade e le piazzole, le birre del giorno e chilometri di palazzi, palazzi ovunque, parcheggi e fontane e ancora palazzi. Sei piani, due scale, trentasei famiglie, centoquarantaquattro anime morte, quattro pareti e otto televisioni che le tengono in vita.
I caffè degli autogrill, le fiamme avvelenate, gli elenchi in affanno, il verde dei tuoi bimbi, l'aids, la sifilide, le verruche, i piatti inquinati, le corde stimolate.
I barattoli a tavolino, i fucili contro il nido, i buffi parchi e i custodi smembrati. Ci vedremo ancora alle querce di Mamre, sotto paludi di caste vergini fuse nell'avorio colato

MADRE APRI TU SONO PARALIZZATO
MADRE ALZA LA TV SONO IO CHE HO URLATO

la rivoluzione personale, l'unica via da innaffiare, i Radiohead contaminati da ingegneri, Kid. A, l'apice, corteggiare con le pietre mute e sorde, effimero simbolo della sensualità. Torniamo bambini, 24 Aprile 1996, eri in una sfera bucata, t'arrampicavi fra le foglie morte, ricoverate e castrate, davi vita ai cani, inseguivi le mani fino al cielo costringendoci ad amare.

LE PARENTESI NEI COMMISSARIATI DEGLI SKY
NOI FIGLI ABBANDONATI FRA I VICOLI STRAFATTI

Van Gogh è nel vicolo di una maledetta piazza, io sono lo starnuto di ogni mosca, volo incompreso nell'adolescenza violata dalla vergogna, le sbarre del balcone
SECONDO PIANO
SALERNO
TORRIONE
SCHIANTO CERCA VOLO
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venerdì 17 luglio 2009

I polsi nei mosaici

Racconteresti ancora favole alla radio? Ricordi? Era un mix di compilation autobiografiche fra letti e sanguinamenti di antenne ed io ero lì, brillo ad ascoltare al buio subendo inerme le tue infiltrazioni al cuore con sogni acidi, vanigliasti il cielo dei tuoi scontri, rubasti la rugiada e ne facesti penne usate.
I dondoli antichi fra le curve del tuo corpo spartivano oceani fantasmagorici, megalomani e supersonici. Parlavi di cigni lunatici, di Anna e le sue vene, cucivi le storie di tutti in un sabato sera simile a un mosaico.
Le estati bugiarde, le illusioni perenni di tempi inesistenti, l'inverno e i suoi sassi, le stagioni fatte di pane e miseria, ricordi il Terminio innevato e il calore mutilato fra i giubbotti verdi fango.

FAMMI RESPIRARE FRA GHIACCIAI
FAMMI RESPIRARE FRA GLI INGRANAGGI
LASCIAMI SECCARE QUANDO TE NE ANDRAI

Pescheremo ancora orologi e polsi divorziati fra loro; ruberemo le lune sterili degli appaltatori rivendendole nei kebab assassini, gli spacciatori con i passeggini a zonzo fra le castagne nelle urne vendutesi per pochi bottoni.

ARRESTIAMO QUESTO PROCESSO
BRUCIAMO TUTTO CIO' CHE C'E'
SOLO COSI SAREMO PURI

ti violenterò ogni volta che vuoi, ti brucerò il volto quando dormirai e le stelle saranno color pece e prive di zampe. Le cavallette ti inonderanno e della nostra religione io sarò l'ebreo, del tuo dominio io sarò lo schiavo. Ma il messia arriverà e sarà lui a placarti con le piaghe che meriti.

mercoledì 15 luglio 2009

Occhi verdi smeraldo

Le stelle al tramonto, il nostro trancio di mondo.
Hey, i carboni incandescenti, tossici e magnificenti, avevano quattro gambe e due nasi, c'era Nightmare sul muro contaminato da carpentieri alla chitarra. Le Gibson squartate da fiamme deficenti, i tuoi sguardi fissi contro il mondo, con occhi obliqui che calcavano il disagio del mondo.Ti chiamerò quando ci sarà fango, ma sicuramente avrei dovuto baciarti prima di Lione o dei villaggi strappati alla memoria.
A volte penso di avere troppe debolezze verso l'alcol ma poi svelto ci bevo su.
I sismi frenetici e stabili, i crolli di cornicioni su via Roma 81, Paolo Fabbri imbarazzato dalle 4 stagioni. Vedi cara, Keaton era muto a ridere e anche questo giorno è andato con Braccia bugiarde e discorsi calmi. Le dita brulicavano il mio essere, il tuo ombelico centro di gravità per il mio universo, pensarlo e viverlo, stando sempre gravi come cattivi indiani, hippy, froci, negri, ebrei, comunisti, la voglia di bestemmiare alle 44:75 del Saturno tatuato.
Sedici giochi di quadri mostruosi asfissiati con il pane delle castagne.
Cristo battezzami nel fango, io illumino questo buco nero con una foto, il mio bambino era un fiume di dolore, figlio di me Morte, ogni notte lui dice -Mi piacciono le favole, puoi cantarmi quella dell'Uomo Senza l'Orologio?-

lunedì 13 luglio 2009

Domani sarà vacanza

Il silenzio ha ragione, è la prigione asfaltata fuori ai balconi compiacenti quando ancora il centro storico piangerà muto fra i suoi vicoli, gli spacciatori con il passeggino si insiriano, noi affoghiamo nella tequila le frasi ghiacciate e le serenate toscane, ricordi le bionde trecce stonate del riccio e la puzza dei suoi piedi? E quando russava a sapor di zafferano? Domani sarà estate, domani sarà stress, domani sarà ancor più arduo alzarsi. Dio, vecchio mio, affacciati, prendi il tuo dito del gomito e infilalo nel naso dando un senso alle ciabatte.
Linguistica domani sarai trasversale, i tuoi messaggi notturni fra una birra e un bancone, il nostro zio cafone e scorbutico, da ubriaco ti palpava il culo, brutta notte. Quella mazza da baseball fu micidiale, il mio sopracciglio ora è filosofo sconfitto, l'oceano verde ai suoi piedi, il nettare astrologico fra la forfora; pettinati microonde alieno, capirò come funzioni arpeggio fatale. I Radiohead cucineranno per me con il loro ingegnere da gambero rosso.

domenica 12 luglio 2009

La necropoli del Vaticano

La necropoli del Vaticano affanna nello sbando, io fumo con loro, coloro che furono e ora sono. Leggi la bibbia Tim? Potrei citarti un versetto, mia madre mi concepì in tre giorni su quel treno per Yuma. Al Little Big Horme lavavano le paste quando piansi prima di morire, avevo un viso transoceanico, sincronizzato con la moltitudine di potenzialità a me affibbiate; presto si sarebbero rivelate tutte eresie infami.
La luna danzava a passi scuri, era putrida e sincera, la bomba atomica nell'intestino la diresse a fischi metereopatici, gli asteroidi veneziani furono micidiali, rullavano a velocità degne di Mr Mojo Risin. Io volevo solo 1000 lenzuola sulle spalle in una notte di mezza estate, lei aspettava marzo, ci incontrammo in un garage e ritmavamo i battiti del soffitto, ora i Massive Attack, lei come al solito, serpe gentile qual'era, si oppose turbando la mia sensitività dispersa nel muschio.
I bassi gonfiavano le pareti, trascritte da amanuensi sillabici, dolce e candido annaspai nell'aria, soffocando ogni follia. Le frecce son tutte telecomandate, spero che i materassi però si illudano ancora che tutto ciò che accade su di loro sia un rawe casual. Il destino è fra l'ovatta, comodo, scrive alla morte la tua vita. L'essere più inutile dopo me e gli ingranaggi che mi compongono.
Natale sarà caldo il calendario cristiano è bugiardo, le castagne votano i fori dei pearcing e i virus svedesi, le lucciole dicono sì ai vassoi nucleari, noi rischiamo di emarginare le emozioni, rideremo ancora e lo sai delle macchine futuriste infangate fra le ninfe di Inri, vecchio pappone del mio palazzo.
Grazie, dillo. Quando avrai un perché scrivilo sui muri oppure farai come me, mostro reincarnato dopo la morte in un manifesto funebre che parla di te...

mercoledì 8 luglio 2009

Calici fluorescenti

Il tuo volto condensato di grafemi amorfi, incarna la bellezza trasversale, il premio Nobel ha il tuo volto, le bombe hanno il tuo volto, tutto ciò che aspiro ha il tuo sapore, la mia chitarra con la varicella russa sognando te, io recito solo per te, navigo su perle di alluminio, su quadri metonimici, ispiri i 360 gradi delle nuvole colme di te, essenza mirabile solo da chi non ha paura della luce.
La mia spada infligge un amara sconfitta all'espressionismo, il calice futurista è ai tuoi piedi, io umile servo m'affaccio dalla serranda di miele, la mente s'offusca di false esistenze, ora te le presento:

-Piacere mi chiamo Aik, pitto al mattino, imbratto a tarda sera, hai per caso degli occhiali?-
-Piacere mi chiamo Bert, son morto in una rissa fra topi murati vivi in un musical-
-Piacere mi chiamo Edward, sono stronzo e coglione, faccio l'assicuratore, ho dei calici per gli occhi a quattro ruote se vuole-
-Piacere mi chiamo Sismondo, faccio il bottegaio a Recanati, son qui per quei gomiti sigillati-
-Piacere mi chiamo Marco, colmo divani di giorno e incendio cassonetti, quaderni e volti stupendi di notte-

Il tuo volto da attrice non sarà mai più così bello...

martedì 7 luglio 2009

Coltelli vetrati

Gli amici son rivali in lotta per una buccia suprema, le piastrelle incollate con sputi di vietnamiti uccisi, un sudicio scenario per il quale gli esperti coniano neologismi, Star Wars, scudi spaziali, i missili coreani, le orate giapponesi.
Il precario dell'anno zero a costo multimediale è l'emblema del nuovo sfruttamento, date un senso al tubo, almeno la metà di quello che ha una corda, le siringhe d'aria nelle aziende colmano l'assenza di essa.
Le tazze nei quadri, i ritmi blandi, le facce del giorno, i miei 5 pranzi multietnici, il sesso interraziale, le canadesi, i figli del sole, gli alunni del vento, il finestrino del cane, un elenco a forma di jet, la Royal Air Force.
La bacheca fuori pista, la cocaina nelle fogne, El Ray sotto accusa, i marchi registrati nelle miniere alla caffeina, il mio drum, i filtrini e i marciapiedi chiusi. I comizi chiusi, Firenze occupata dall'ala sbagliata.
La vita in differita sulla rai censura a tempo ciò che non và, magari fosse così anche il cervello, il timballo è sotto la porta, la porta è sotto il cielo. Il cielo perforato da una forchetta, la forchetta fra l'amore metropolitano. L'amore metropolitano fugge e non sai con chi và.

venerdì 3 luglio 2009

La classe violenta

Salve Desideria, immigrata, troia, tre anni di carcere per la roba.

Fiamme con le manette spente dentro, le ciglia dei cortei mescolate nel brandy, la cosca affamata dopo aver mangiato budella e sangue in cenere.

Salve Desideria, buffa bimba messicana, smorfiosa e finta, non respiri. Il tuo tempo è muto e pari bambola di pezza, con un valore.

I maggiordomi liquidati con disprezzo. Eri una vergine cuccia, violentata da Carlos, uomo con tre figli e una moglie insipida.

Non conte né marchese nelle forme, non ha problemi a strappare via le ossa di porcellana e i succhi di seta.

Salve Desideria, la violenza da te invocata, la reazione inaspettata  servita con smoking al mondo aperto da cerniere orchestrali, aperte nell'acuto a te dato.

La classe di ferro, la classe di cemento, la classe di terra, la classe di sangue, la classe di cani, la classe di delinquenti, la classe del grembiule.

Stanca di professori, visi programmati e gerarchie a batteria bassa.

Addio Desideria.

giovedì 2 luglio 2009

Panca sconfitta

Stasera hai abbracciato le palpebre senza l'aiuto di astronauti in pillole o cerotti usati, hai rivolto parola seppure l'alcol ha influenzato il destino, il colonello Horty ha deposto le armi e tu con lui, ma non vi è più il pozzo vetrato o le scale della Red Erik dove timbravamo il giorno. Osservo le lucciole accanto alle bare cucite sul tuo cuore, fra talpe e minerve c'era il Diavolo con Dio a fabbricare ceramiche. Stanchi e pensionati scontavamo soli verdi e pettinati su una panca giù al mare. Piazza Sedile del Campo piange nel vuoto lattico, abbiamo scritto senza frecce, non ci sono più dardi né treni dirottati con le spranghe erbivore, non c'è più Mario Chiesa a farci microcapsule.
Ulisse ed Enea in conflitto nella Comune di Editoria, forza, coraggio e litania. Le croci ascoltano i passi dei tuoi processi, i nostri orologi sballati. E Battiato non ha cure per la stagione dell'amore a base di fibre, non puoi amare figli non tuoi né nani borghesi dalle facce offese. 
Strazio, puzzo e i vecchi tempi sulle terrazze di vodka ti fanno bella. Dove sei cucitrice di senso, alterami e scomponimi, sconfiggimi con un ventotto. Dio, sono ateo, grazie dio, sono morto con un bacio. Uccido: le tue labbra V1-V2...Okinawa remember...Okinawa Frawenfelder, my heart, your soul, link without drink, l'impossibilità dell'essere zerbino sapor verde camino...

lunedì 29 giugno 2009

Oceano ambulante

I miei arnesi urlano estremi desideri, ci credi? Entrano a piedi pari sul malleolo e ballano con rum, finestre e vicoli con luna fra i ponti.

I nostri sospiri sospesi sono fra silenzi coesi. Eravamo metronomo e bilancia. Io pendevo dalle lunghe gambe nei deserti affollati.
Chi è senza tatto? Torno bambino a pranzo, oggi aquiloni al miele, i miei fratelli han violentato le pene, i tuoi cori sterili, poco fascisti, io e i giacobini alla porta la violentammo, lei ancora sconvolta, sette lingue e help from god, help from god.

Gli alieni vaccinati, i tuoi spiriti alla stazione, il mio ponte raffreddato. Ti amo, ma non lo ammetto e fingo un tuono e mi cuccio sotto il letto, ladro di un profondo senso.

Le luci con in braccio grattacieli di oceani, gira il rap al piano cantautorato da me, stonato e imputato per diritto.

La morte nel tè, la morte in te, la morte nei se, la morte in sé.

Govoni insegna: ogni giorno lo specchio ispira al suicidio, ma poi taglio le vene, ma poi è solo barba. Un fuori luogo da crocifiggere.

Ti lascio una falce sola, senza martello. Senza figli né custodi.



Lividi e sudore

Sarò maceria come tu sai, ciò che mai fu avrà le mie sembianze. L'amore scalpella e il corpo lo modella, l'amore scalpella e il corpo lo modella nell'inerme statua che ti governa.
L'alfabeto capovolto incarnito nell'anfetamina soffia metadone sulla fata vogliosa come una bambina. Ti ricordi i jeans ammucchiati al pomeriggio nel parco specchio thriller, luce verde e soffusa, veste nera che avanza a passo sempre più svelto del tuo, i tuoi timori incendiati nella violenza carnale. Prima dolore, poi piacere.
La chitarra dell'Eni, il pane scucito, la violenza e il respiro fra le cosce umide, i treni dell’amplesso, le certezze e le promesse, le sigarette.
Le facce offese dei tuoi discorsi, piccola efelide strafatta e depersonalizzata, la tua pelle bianca vergine, le tue vene macchiate di inchiostro, parlavamo di cani e code, Ginsberg e di mode. Le fughe dal centro storico, le offese dei barboni filistei, stronzi e coglioni.

Nei McDonald’s di Amsterdam muti come tram
Nei McDonald’s di Amsterdam muti come tram

Le calze strappate e i piercing platonici, i cavalli alcolizzati e i film di Mao, la mia corte, le tue nocche, gli specchi rotti, le chiacchiere sulle scale telefoniche distrutte, pronte a cedere come il nostro amore fantasma di lividi e sudore.

L'ordinaria follia fa spavento, senza saggi né storici vi è un pianto, non documentato in questo inferno, nel quale sono entrato in cerca di un santo, nel quale ho trovato il tuo volto e uno schianto. Il tuo volto è uno schianto.


domenica 28 giugno 2009

Paperino e il fucile

Mutare, camminare, salutare. Siamo delle micromachines sotto l'albero, pronti a scontrarci per la gioia dei camionisti, scioperiamo con il petrolio fra i denti, il principio inverso della festa ha un amico che si accorcia fra le mani.

La senilità di una cicatrice al neon rende le ossa fragili ed ecumeniche, il mio amico sa che un "buongiorno" o un "arrivederci" è solo una fanatica crepa, che mai farà breccia per instaurare la relazione.

Anche l'uomo si sogna con i fucili e i fori e i fiori pestati da stivali vietnamiti. E’ unione. L'economia fiorisce, le donne si affermano e il patriarca soffoca. Generazione di mutilati, di ebrei sterminati, l'Italia e il senso, una donna foscoliana o semplicemente culla dei testi di Paperino, il paladino dei Sud.

Quanta morfina si vende? L'alcol, la prostituzione, gli stupri, il 10% di figli illegittimi che diventa 20%, i racconti ai bar per quarant'anni dei partigiani, dei militari a riposo.

Io il fucile, anche lui, lui senza gamba, qualcuno canta, noi respiriamo dai fori e tutti girano in tondo con la guerra e il mondo.


sabato 27 giugno 2009

Nascita molecolare al contrario

La sua benda lo tradì, non poteva far altro per mutare la condizione domestica, cadde sul pavimento macchiato: vino, cicche, filtrini, gusci di zanzara, avvoltoi, tasti neri e tutti i fasci dei dizionari.
Pioveva alle 03:47. Le pillole della navicella a nulla servirono se non a raccontare storie a forma di draghi e dodici quadrati persiani, il gin era gelato, il lampone scodinzolava ancora allegro al basso.
La situazione recitava così: ragazzo in terra, cuore in un vicolo hippy, cervelletto nel drink, il drink nel bicchiere, nel suo fondo il teatro, sul palco un protagonista anonimo, il pubblico a cena fuori nelle culle.
Lui a farsi corpo.
14/12/1989 ore 03 :48: Benvenuto Maledetto


Il mio quartiere ventricolare


Ricordi la luce che avvolgeva quel rudere? Era a forma di San Matteo, le spoglie erano racchiuse nel riflesso dell'asfalto depresso, baciato dal gas vicino al luogo in cui ti ho perso. 

Gli armonici, le ottave, le ronde amare fuori dai caffè, la musica dal vivo ammazzata in un reality, il crocifisso agli angoli dove spacci, la luna sul tuo volto e io sempre più sconvolto. 

Scusami ombra se sono vivo, scusami benzina se affogo in locali fuori dal tempo. Il nostro amore non funzionerà, è una collana predata dalle multinazionali e amanuensi digitali.

Se solo il sole potesse sciogliere i ghiacciai e Pit, ora non sognerei di essere un paramilitare serbo al fianco di Tito né di essere alla ricerca di un soprannome per comporre tesi di Aprile.

Le sconfitte dell'Italia e la libidine di Smaila è la via dove giocavamo fra palloni e siringhe. 

A presto.