mercoledì 31 luglio 2013

Il cosmo e il tic tac


Germe. Microbo. Dappertutto esiste l’inizio prima ancora di esistere un qualsiasi essere vivente. Anche la sala d’aspetto di un dentista. Tu puoi pensarlo. Un cosmo nel cassetto, per farlo esistono una serie di istruzioni. Non aspettarti un elenco, aspettati altro. Aspettati il nulla da cui è tutto ciò che predomina l'esistente. Che morde l'esistente per un risveglio caino. Barbaro. Può essere più semplice di quanto pensi. Basta ipotizzare. Basta. Ipotizza un segno. Un segno che costruisce un prima e un dopo, un qui e un lì. Spazio, tempo. Ma c’è di più: quantità, qualità. Ancora: storia, geografia. Essente perché non nulla. Il segno genera il tuo mondo. Il segno ha generato gli uomini. E le donne. Un ontologico sistema predomina quello filologico. Ma che dici? Procediamo con ordine; sparso. E' dallo sparso, confuso quanto ordinato punto. Un punto in cui siamo tutti, il tutto e pure le signore polacche delle pulizie. Tutti. Pure chi non ti piace. Una coincidenza mondiale per dirla con le parole degli uomini. Il lato B della cassetta rovinato. Il bacio non dato. Il tutto che non c'è stato. Forse non l'hai ipotizzato. Proprio da qui inizia la mia storia, il mio luogo, la mia filosofia; l’amore. Perché di amore che si parla quando c’è un inizio, perché di amore si sogna che non ci sia fine. O che la fine sia la morte. Ecco la morte. La nascita. Tutto ha inizio e fine in noi. Quell’orologio che rintocca allo stesso modo fra un secondo e il suo omonimo successivo per noi è tic-inizio e tac-fine. In realtà è toc. Ad ogni modo fra il tic e il tac, in quel lasso di tempo si compie l'esistenza, l'inizio e la fine sono utili e necessari per tutti gli intrecci, i romanzi; sono armi sfruttatrici deploranti di libertà. Quell'orologio contraffatto nel taschino del padrone della fabbrica di Manchester nel 1845. E’ il nostro paradigma apocalittico. Tutto ha inizio e fine. No, tutto deve avere inizio e fine. O meglio tutto deve avere un inizio e una fine riconoscibile secondo i parametri di valutazione comuni. Che confusione. Proviamo con qualche esempio: magari per i più allenati, quelli che trovano somiglianze, parallelismi, i domatori di analisi,  ciò può essere un circuito che si ripete, un circolare storico localizzato in una analogia simmetrica. Qualcuno per orientarsi, o per gioco, ha inventato la metafora. Ha elaborato l'atmosfera, la gravità. I cani col naso all'insù fiutano la polvere di stelle o tartufi lunari. Qualcuno ha costruito un mosaico con similitudini per non sperdersi ed ha creato arte ed arterie, diramando l’uomo in modo simile in ruoli e giostre speculari su cui fare commedia o semplicemente un giro. Qualcuno è salito sulla luna, per pescare latte e formaggio. Qualcuno ha ballato con il sole, prima che le sue ali bruciassero. Qualcuno ha sorriso nel ballo e si è innamorato, quando è finito il gioco ha pianto, poi la giostra ha ripreso a girare, bastava pigiare un bottone, non uno qualsiasi, ma quello giusto. Qualcuno, invece, ha preferito vivere la propria esistenza come un fiume, così per gioco, per rivelazione, per immanenza. Ha colto l’istante inespresso fra tutti ed ha risposto alla domanda esatta. Ha vinto, scordandosi i romanzi, godendosi il piacere di una commedia priva di un inizio e di una fine. Ha rinunciato a Dio, fatto a pezzi il suo cognome. Ha pensato il cosmo, per una fuga d’amore, l’ha realizzato. 

sabato 20 luglio 2013

L'amore scontato



Stupirsi per un particolare. Occhi frastornati. Stornello visivo. Occhi farfuglianti in attesa. Finalmente una risposta. Lacrime gelate, un torrente collinare scava fino a valle. I tuoi zigomi albicocca divisi dallo scorrimento. Silente prosegue fino a cascare rapido quanto il lento sfiorarsi ultimo con la pelle. Un solco magro. Cicatrice. Un istante, nessun cigolio nella macchina, al momento. Previsto in tutti, agitato comune, arrivo singolare. Guardarti dallo specchietto dell'auto. Preparazione. Tranquilla, dopo un liquore generoso, verde e artigianale, mi appari più bella. Respira muta, nascosta fra foglie: quando ti osserva: ti ama. Empatia nuda, notturna, sorrisa. Un bacio e la luna. Lo spreco di parole. Dalle auto osservano. Tranquilla, mi chiedi di amarti e lo farò, perché risparmio, perché con l’odore del mare trovo il coraggio. E’ noto che, con pochi euro, si può anche questo lucciola innamorata. L'amore scontato.

giovedì 11 luglio 2013

L'orfano romantico

Il chiasso dello starnuto la scuote e un calzino le cade. Di giù l’attendono i ragazzini del quartiere, lei è nuova qui, come suo marito, l’uomo mucoso. Per anni all’interno 7, via degli ausoni 78 c’’ha vissuto una puttana, era molto generosa, per poco, era la specialista dello svezzamento. L'abitudine è così, e lei, la donna del calzino, presa a stendere i panni, è molto bella. 

La puttana s'era invecchiata e aveva fittato il suo ufficio a una giovane coppia per dedicarsi al parcheggio abusivo verso Flaminio. La puttana, però, fino alla pensione del parcheggio aveva mantenuto i suoi standard prestazionali. Il prezzo col tempo era sceso. Per quanto sono a conoscenza l'ultimo prezzo era di 30 euro compreso di gelato prima e una Marlboro dopo. Non era bella, per questo era desiderata. 

La prima volta è brutta per tutti, al di là di libri-film-canzoni, e nessuno vuole sfigurare o essere l’ultimo sfigato ancora vergine del gruppo. In più, lei, somigliava più a una madre che a una donna ma nessuno ha paura della progenitrice a 13 anni, Freud escluso. Ma i ragazzini che ne sanno della cocaina, di Anna e della madre della psicanalisi. Essere ragazzini è questo. Loro, sono di borgata, pensano a togliersi il dente senza credere più alla fatina. I denti come il sangue devono cadere quando passano le bande vicine-nemiche-cugine. Per loro il tempo di crescere è racchiuso in semplici passaggi: sesso-sigaretta-sangue. 

Lei, però, non era una puttana, tutt’altro. E io, non ero un ragazzino, almeno non come loro. Lei, però, aveva marito, non era il massimo, anzi, era il più classico italiano medio: gambesecche-panciapelosa-calvoriportato e tanto pallone, o meglio, tanta As Roma. Lui, il calvo secco chiatto romanista, aveva poco più di quarant’anni per l’anagrafe. 

Lei, la donna di cui sono innamorato e con cui perderò la verginità, insegna letteratura inglese, ha gli occhi di mare con tutti gli scogli perimetrali e le alghe a tappeto, ha una figlia che mi ama ma è poca roba davvero. Secca-lentiggini-occhiali, semplicciotta, timida e noiosa. Ovviamente l’apparecchio e tanti complessi di chi è succube dell’ortopedico. Standard oleografico di mediocrità prepuberale. 

Lei, la madre, ha il mio cuore, come un voodoo child al primo strizzo l’infarto mi pianta in terra sull’asfalto abrasivo d’estate e fangoso d’inverno. Non ci sono più le mezze stagioni; dell’amore. Gli altri quando seppero che l’avrebbero avuta come professoressa hanno smesso di osservarla e hanno aspettato in fretta settembre e al minimo cenno su di lei si tiravano il pacco con le mani. Io, ho afferrato il pacco di libri invece. 

L’estate l’ho trascorsa con Shakespeare, anche se è difficile da pronunciare, l’ho letto. Lui, è il padre dei romantici, per noi orfani tra l'altro c'è anche Charles Dickens. Ma la mamma non manca quando penso a gli occhi di lei, gli occhi suoi belli, il maestro pensava a lei quando diceva che sono stelle forti al punto di far sempre giorno. 

Il  balcone avanza furtivo, lontano dal marito, prossimo al cuore. Mille volte buonanotte amore mio. Mille volte cattiva notte vorrai dire senza te. Non vedo l’ora che l’estate finisca, che settembre sia, che il fiocco e la divisa della scuola siano belli e stirati dalle suore nel convitto, che i compagni di scuola tornino dalle vacanze con le foto delle mamme, dei papà e delle nonne da incollare sul mio muro bianco. 

Prendete tutto lo spazio che serve per i vostri collage estivi, non ho nulla da aggiungere tanto io sono forte come Antonio, Cleopatra non può far altro che cedere fra le braccia mia muscolose-forti-virili.