sabato 24 marzo 2012

Il secolo giovane


Morimmo tutti, almeno una volta, qualcuno rinacque; noi no. Fra le sirene e gli affari spiegavano agli uomini dabbene che erano tutti salvi. 

Fra il pane e la libertà nessuno scelse le mani giunte o i pugni agitati, preferimmo tendere mani a giacche fantasma. 

Nessuna faccia a commentare la morte in diretta. Le martellate alle mogli, in faccia e sul cuore, 77 anni, 50 insieme; canna alla gola, la nipote torna da scuola.

 La collezione di coltelli nel cortile della chiesa, la ragazza distratta da uomini più magri, i centimetri per raggiungere il cuore con una lama e calme sbarre. 

Le finestre appese nei quadri suburbani celano mirini e proiettili. Il tritolo, il nastro adesivo e lo skate, un unicum nei tubi autostradali, le auto in volo e gli schianti in cielo. Le torri abbassate, la Babele di settembre, il caos di carta. 

La guerra in diretta fra burka e chador, fra gioielli e mercenari. Le esceuzioni in tempo reale, i voti dei neonati e quelli di noi tutti; morti. 

Il secolo dell’uomo, o meglio, della macchina antropomorfizzata, confermò la sensazione infinita in una vita infernale, cybernetica. 

Nessuno rinacque fra i fiumi o le valli ma solo fra facce e programmi. Morimmo tutti, almeno una volta, qualcuno rinacque; noi no.

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