giovedì 30 settembre 2010

Capitolo II: Dolore

Sono in un vaso tarantino del V secolo a.C., fluisco rosso da un anfora,mi spargo nella gola pronta a deglutire, una torre gemella in rapida ascesa questo è il singhiozzo. Vidi l'Ancella nello stomaco danzare sul fuoco mentre io caldo sudavo e morivo soffocato dal fumo. Dipinse con nastri dorati con voce blu il suo cervello, i neuroni fritti sgozzavano la stanza e rilasciavano bollicine iperattive che cospargevano, dal vuoto di cielo, eccitazione per le piazze. Gli scarsi segugi si dimenarono fra la folla in fuga e le donne per paura di una demenza sessuale scelsero nel panico i giovani adepti per l'atto. I prodi del Re rilanciarono la carta da gioco sperando di spostare l'assetto, questo mosse pedine nere e camice bianche senza coinvolgere le cravatte, non c'era più consenso lì a Lilliput, e il regno cessò. Ogni assetto modificato è un assetto da assestare, ripeteva con saggezza il vecchio, i bimbi non lo ascoltarono e condussero il Venerdì di sangue sul world wide web, la sera venne meno e il tramonto fu bieco, bianco, privo di una reale funzione, nessuno dormì fin quando la notte non fu imposta dalla pistola del carro, non vi fu più giorno nè tramonto ma solo fasi banali e ripetute divenute dimora del dolore collettivo, per paura non vi furono altre fasi. Quindi non le posso raccontare.

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