domenica 27 settembre 2009

Ritorno a casa

Mesto guido me stesso verso casa, attraverso la strada senza sguardo alcuno, nè destra, nè sinistra, solo il passo costante e strusciato che lento conduce il misero corpo alla sua bara, il marciapiede è asfaltato e al lato si notano: cicche, filtri per drum, manifesti elettorali a brandelli come l'anima di ogni politico.
Dinanzi al portone in terra vi sono resti di una cerimonia, pesto il vostro riso nuziale, macchio le coccarde con il sangue che mi trascino da tempo imprecisato, mi reggo con il battigocce del portiere, valico una pozzanghera di piscio animale che disorienta i miei neuroni.
Troppo stanco per salire quei gradini demoniaci, troppo inquieto per attendere l'arrivo dell'ascensore, una decisione però va presa.
Ascensore sia, è all'ultimo piano, scrivo sui muri graffiando le mie narici con odori nauseabondi che mi guidano lungo il corridoio, penso a mia madre, alle botte che mia sorella da me subisce, ai pianti, agli esaurimenti, entro nell' 1x1 con specchio malefico annesso, vedo scogli luminosi pronti a sventrare il cuor mio, vedo un volto, gli domando chi sia, canto una canzone, sono stonato, lo so, non canto più, sono in silenzio, muto, causa ed effetto coincidono, tiro un sospiro dinanzi allo zerbino, apro la porta e la rabbia diventa un diritto dal quale non so scappare.

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