venerdì 26 novembre 2010

Archi crocifissi

Disciolti nelle nuvole piangiamo ruggine dal cielo, descritti da mille canzoni con pochi accordi e tante urla, risorgiamo per una commedia underground fra calze rotte e cosce umide. Nel freddo autunno ti fai feto stretto a me, ti racconti fra miserie con pause millenarie, ti fermi poi riparti per fermarti. La politica della destabilizzazione ci dissimula dall'atto, ma il terzo è il più bello, involuto alle porte della menopausa, alle porte della generazione passata. Le finestre erano fatte per raggiungerti salendo tubi e inseguendo fogne senza deodoranti per le auto. Nei garage della Zo ci specchiavamo nel sudore estivo per le piogge autunnali sconfitte a primavera. Vestiti di tutto ci spogliavamo sotto zero contemplavamo l'Inghilterra senza più passati con qualche presente, sognando qualche ipocrita futuro. I tuoi stivali nel fango sgorgavano sangue isterico, la mia auto rottamata viveva in un parcheggio. Ci violentammo nei tram, ci sgozzammo diverse volte e ad ogni resurrezione avevi un profumo nuovo, impossibile. Ed in fondo fra le miniere contorte e i silenti mattini ho visto l'amore, fra le gocce degli uragani e le pagine di Zurich ho rivisto le tue ossa, le nostre code si spezzeranno mentre spazzeranno via tutti i tumulti che ci fanno disfattisti e le branchie appoggeranno ogni giorno che il solo risveglio rende noi rivoluzionari. Smetterò di crocifiggere gli archi e impiccherò le sirene. Due passamontagna un bacio per la nostra commedia notturna, per l'alba fortuita che ancora si affaccia. Nessuno se l'aspettava. Siamo ancora qui. Persi ci ritroviamo. Insieme ci perdiamo.

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