sabato 18 agosto 2012

La malattia


Avrebbe desiderato scomparire, sottrarsi al mondo della percezione e dei sentimenti. Teneva gli occhi chiusi per la maggior parte della giornata e quando li aveva aperti piangeva. Soffriva di una malattia che le moltiplicava le emozioni, quelle brutte. Ferita dappertutto a causa del dimenarsi continua e forsennato. Scrisse all'unico che l'avrebbe capita.

Se sogni vuol dire che dormi. Lo disse un saggio con l'elaborazione del pensiero lunga e con la risposta rapida. Gli occhi chiusi, erano chiusi per la polvere, per la fuliggine della brace celeste. Ardeva tutto intorno come un Vietnam interiore nel basso ventre. I sentimenti erano carne in movimento, astri di cemento, fiamme di Cristo. I sentimenti soffrivano con lei, le emozioni scappavano, teneva stretta a sé i tizzoni rimasti, bruciati, passati e idealizzati. Erano brutti, ma erano.

La malattia la cambiò. L'ostacolo divenne un trampolino, non tornò più indietro. Si superò, oltrepassò se stessa e fece amicizia. La natura ammalante si innamorò di lei e la rese forte. Una volta guarita, il muschio sul muro del cortile divenne il suo profumo. Il vento, la pettinò a sua somiglianza. Il sole, la baciò e la fece donna. Era in armonia, il salto nel vuoto fu la cura. Era in riso: il vuoto era un tappeto, con uccelli sostenitori alle estremità, pronti a dare lo slancio. Era madre, la malattia la rese viva e generatrice di vita. Era sana, grazie alla malattia.

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