domenica 27 novembre 2011

Insofferenza: principio di rinascita


La barra sincopata m'accompagna lungo la strada, un po' di brina sul selciato, qualche puttana, zitto proseguo. Zitto e sommerso nelle sue parole, m'addentro nel passato e lo rivivo con nuovi occhi, lo rivivo e fra una battuta e un'altra c'è sempre un gesto, inutile e banale che distrae il pubblico. I like it grida il mondo oggi, nulla di più. Perdo la parola e lei prosegue il discorso, perdo conoscenza quando lei mi prende il polso. Riesco a malapena a respirare quando lei mi bacia, spero di morire durante l'orario di lavoro. Sono in treno, nella stanza ci sono nevrotiche coppie partenopee, dal dialogo incessante e inutile; spettegolano, lei con enfasi e lui con distrazione, i fratelli (di lei) hanno fatto un discorso di eredità (a lui) senza nemmeno parlarne (con lei). Un uomo a telefono organizza i turni in radio, si vanta con gli amici e fa chiacchiere disinvolte sulla sua amante, il seno? abbondante! Il ragazzo torna al paese dalla sua ragazza, ci provano, vogliono stare insieme fin quando non avranno una vita sociale nella realtà naturale soddisfacente. Il mio ruolo? il ragazzo intellettuale di sinistra che non lo è, ma è inutile convincerli, sono apparenze. Leggo il giornale, poi Kafka e ascolto De Andrè. L'apparenza è banale se la si distingue. La vita è reale se non la si afferra. L'anima non perde mai la dignità, neanche con l'amore, è tempo di risurrezione.

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