sabato 5 febbraio 2011

Lacrime marmoree

Col fiatone per le scale dedico poche righe allo zerbino appena stuprato e al tempo zampillante. Nata da giovane, la lancetta perforò l'uomo attraverso campanili e poi big ben vari, i padroni delle fabbriche corsero immediatamente a procurarsene uno nel taschino, i turni erano bugiardi, i lavoratori faticavano mentre i padroni ingannavano il tempo. La felicità dell'auto è mirabolosa, non mi crederai mai ma gli alberi sfrecciavano come mai e i giri del motore diminuivano solo davanti alle corte gonne. Poi tutto d'un tratto il proiettile si placò, vidi le sue guance e il cuore si impennò in altri modi, puri, casti, come nell'infanzia delle risse, delle gocce al bar e i lidi estivi. Sembravamo tutti dei brigatisti con baffi e ricci mentre le statue fisse, marmoree, trasudavano ai bordi, trascinavano il peso della falsità storica, della fatica inesistente, soffrivano per il peso di una fatica mai fatta. Il non fare nulla mai fu così atroce, mai si pagò al punto di piangere per un merito involuto. Erano lacrime. Basta poco, non serve niente.

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