sabato 15 gennaio 2011

Schizofrenia paranoide al pancreas

Riempio con queste righe gli spazi, per deviare la mia libide altrove come chiunque, un succo gastrico è bloccato alla laringe e non sale nè scende, è un ragno saporito, le mie papille gustano le sue piastrine, lercio rallento la fusione ontologica del pancreas. Scrivo per colmare gli spazi e bloccare il tempo, rendere indelebile e immortale come qualunque parola o disegno dalla preistoria, come un siriano fantastico su tappeti di canapa, su mocassini aerei e fiaccole serbe. Sono solo poche parole, poche porche parole. Il professore di Cinema conosce la materia consapevolmente ma è distratto e percepisce solo il vero della sua finzione, s'addentra in tecnici discorsi trini e sabbiosi dai quali non riemerge e smette d'esser ramingo. Risveglio le tappe dell'esistenza annullandomi, in una stanza vuota colmo i muri con scritte, divento schizofrenico paranoico rileggendole, chili di scontrini nei miei cassetti, ossessivo compulsivo, questi si rompono cadono ai piani bassi dove l'acqua dei bagni è ossidata e marrone, capisco cosa devo aspettarmi dal domani. L'elezioni regionali filtrano nella cupola, urta il fatto che scrivo di loro come fossi a un bar. Metropolitamo è pronta per il 2015, la scarpa si fa minerva e la sigaretta è accesa, ora ho da fare questa è l'ultima poi smetto, in barba a Zeno già lento tremo. Raggiungo Neve e i sette lupi nelle ginestre vesuviane e cambio stato. Vado all'inferno, Messico aspettami devo parlarti. In questo stato di crisi, dimostrato dalla televisione accesa, guardo le pubblicità e sono convinto di non esserne persuaso, non sento mitra minacciare i miei neuroni, la cosa mi turba. Riprendo i miei pensieri lungo la strada, viottolo per il mare deandreiano, il pastore servo è come me, legge Joyce e canta messa nei dialoghi. Compaiono delle immagini, tutti leggono dei fogli, pare utopia, l'editoria ha raggiunto un risultato, leggono assorti, chi sorride, chi sghignazza compiaciuto, chi in lacrime bacia i suoi bambini e chi strappa la carta indignato. Ecco, come liquido seminale in carica, prima dell'orgasmo, gli occhi godono di un'estasi irripetibile, poi quasi tutti vanno alle poste, è tempo di pagare le tasse. La delusione si concretizza in definitivo quando al termine compare scritto: Poste Italiane, da sempre con te. Mai più leggerò se non ad occhi chiusi. 

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