martedì 12 giugno 2012

Il Disincanto


Rigido, geometrico, rasato. Il pensiero infantile si presenta così in mezzo a mille parole e ai loro echi imponenti nell'inconscio. Lei lo fulmina con fucili di consonanti, con costole di vocali, con ghigni delusi e occhi accesi.

Statico, impalpabile, muto. Le paralisi mentali, il cuore che pulsa tremendamente regolare, il sudore mancato: non reagisce. E' diplomatico nello sguardo, nel corpo, nell'essere. E' diplomatico col cherosene. Va a folle per risparmiare carburante, le analisi sono nevrosi e i gesti sono atti di dolore.

Oh Dio, dal muto cuore, dal petto spento, dal verginale inconscio libera le ossa di un uomo di provincia. Rilascia le colline agli assetati e le periferie ai proletari. Desta sospetti negli occhi di chi lo ascolta, deresponsabilizza quel che resta del corpo.

Irruento, scontroso e drastico. L'adolescenza a trent'anni lo colpì, chiese alla madre di alzare il volume della televisione per coprire le urla, chiese alla madre di aprire la porta per raccogliere i cumuli di quel che resta di lui.

Grasso, fatto, peloso. Tutt'uno col divano lascia colare il sudore che macchia la sempre eterna canotta bianca, non la cambia mai, da quando si è acceso l'ultima sigaretta. Ora urla contro la televisione per un rigore sbagliato, per un politico bugiardo, per un cantante stonato. Le sue poesie sono articoli e le sue canzoni sono racconti. Il disincanto lo spense da allora si sentirono solo le animalesche vocali in un deserto di consonanti.

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