giovedì 22 dicembre 2011

Eterotopia

Gli ideali realizzati, si moltiplicano alla sera quando stanco scopro le vesti e mostro il vero volto allo specchio. Non sono reale, ma lo sono, sono me stesso ma al contempo no. Anche le piante alle mie spalle ci sono/non ci sono. Mi chiedo da quand'è che vivo così, miserabile e fortunato, antipatico e simpatico. La barba? no, oggi no. Magari quando penso al possesso o quando penso al suicidio. Cosa mi domando realmente? Mi chiedo come stai: come stai?
Fogli stracciati si alzano dal bagno, un luogo comune, quanto intimo. Il cimitero? lo stesso
Insomma chi c'è in quella barca che affoga se non il mio sorriso, il mio riflesso e quindi me stesso? 
Ho cominciato a fumare le sigarette per appannare il riflesso e quindi me stesso.
E' tempo di stuprare questo mare inconscio e fraudolento, questo tempo rapido e infruttuoso lo voglio lento, dove gli spigoli fanno meno male. Voglio il tempo scandito con un metronomo da me costruito, voglio l'umanità che lenta scorre fra le mie vene, voglio che la televisione sia un luogo reale dove potersi confrontare, la radio un luogo in cui cantare 100 000 canzoni nuove d'amore.


Alla fine del concerto la star vomitò il sangue raggelato a lungo nella schiena, il fegato lo restituì anticipatamente al diavolo, per cui nutriva un certa simpatia. Oggi canta alitando, soffiando nel microfono, amico di ieri e nemico di oggi. La ragazzina glielo succhiò fino a che il bagno non si fosse totalmente insudiciato, lo curava senza curarsi, voleva una sigaretta, nessuno, non c'era nessuno se non il panico. La casa discografica, i debiti e gli anni 80 lo rinchiusero nei centri sociali, la sua cella era la sua vecchia casa ora più giovane di lui. Finì in prigione, mai fu guardingo, neppure lì, in quello specchio in cui miro se stesso e forse no.  

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