Sono sceso da casa di Matilde perché avevo appuntamento con
Dario. Almeno è quello che pensavo. O quello che volevo pensare perché da tempo
tendevo a mentire per superare le insidie. O per meglio dire a allontanarmi
dalla verità un po’ per volta. Come una spirale costruivo attorno un percorso
scalinato che mi avrebbe condotto a quanto realmente ero. A quanto
corrispondeva la mia personale verità assoluta, oggettiva dentro e fuori di me.
Quanto risultato del mondo esterno e il mio universo interiore. Verso il
paradiso ponevo la puntualità dell’io maturo raccolto negli altri, giù nell’inferno
lo stallo in cui ero confinato. Legato sentimentalmente al passaggio della
crescita, provvedevo con lentezza all’età di mezzo. L’età in cui sono poste
delle strade da percorrere e tu ci giri intorno. Anzi giri intorno l’ambiente
con superficialità di approfondimento e celere a spasso per l’isolato. Cagnesco
ti aggiri attorno al palo noto, controlli la pipì altrui, vedi quanto si
allontana da te e provi a inseguirla, ma a sera torni steso al balcone di casa.
Almeno avessi guadagnato il caldo divano. Dall’ambiguità nelle scelte, la cura
superficiale di piccoli progetti, tutti insistenti che ti rendono nevrotico
giungi al prossimo passaggio. Fili la corda nel momento in cui tutti scattano al
verde fino a non sapere quante volte ti hanno doppiato. Ad ogni semaforo, per
nasconderti esploravi strade sconosciute, solo in quel momento, ti sei scoperto
esploratore. Perdere tempo, stranamente ti spiaceva. Ti innervosiva. Rivolgevi
parola e azione alla prima occasione. Mai così dinamico. Pensavi che il viaggio
ti avrebbe cambiato, che i viaggi fossero liberi da ingombri. O
quanto meno avresti fatto giri più larghi, non più lunghi. Lento ma senza perdere
tempo. Quando credevi di avere talento per qualcosa in automatico ritenevi che
fosse il grimaldello per raggiungere la verità. Forse la confondi con la
felicità ma non è così. Conta raggiungerla. Non è neppure benessere. E’
presente. E’ liberazione che ti rende felice dell’ossessione. E’ l’ossessione
la tua unica volontà di vita. Ma forse è l’ordine. Sei a un bivio? No, sei
ambiguo contorto.
venerdì 29 novembre 2013
sabato 16 novembre 2013
Il giorno dopo il medioevo
Voleva fare il bibliotecario ma era allergico alla polvere,
apriva un locale ma era alcolizzato. Oggi lo scrittore non ha lavorato perché
ha vissuto tutto il resto. La politica si è fatta dietro a un bicchiere, intimo fra gli spessi fumi sudamericani. Dal bar non scattavano denunce, se arrivava la polizia era
per un posto di blocco. Quante camminate per sfuggire a un controllo. Abbassi
la testa sconfitto ma in fondo non ti importa poi molto. Hai la testa libera
sgombra, hai sbuffato fra i libri, hai starnutito di carta antica e polvere
spessa. Adesso è finissimo fluire. La madre di piazza guarda il figlio e dice Ci sono
tre tipi di donne Le puttane, le zoccole e quelle che volano, Hai mai visto una
donna volare? Ecco, quelle non esistono; il cerchio si restringe. Ritorni sui
tuoi passi, scorri la giornata trascorsa lungo la salita. Quell’affresco non l’avevo
mai visto e poi Guarda che Arco. Chissà perché le trame sono poi così diverse.
Guarda la reggia di Salerno, c’è ancora una torre, la pietra come la polvere a volte si accumula e rimane li a pendolare finché l'allergia non arriva. Per guardare mitigato il suo colare, il tempo per
raccontare lento, per smettere di guardare in pace. La fontana l’ha disegnata VanVitelli, il
muschio è l’incuria ponderata. Il bancone l’ha disegnato lui, lo slogan l’ha
fatto lui, la chiacchiera col commerciante è fatta. Conosciamo club di genti.
Facciamo politica della notte fra dialettali risate e chimere disegnate a forma
di partito, di storie incrociate, nomi, cose e la piccola città a portata di cognome
che come diceva un vecchio saggio nolano: di giorno è la mia città, di notte la
città è mia. Potente e sconosciuto navighi fra i vicoli vociati come messe, fra
castagne di vino e amari a luci basse. La serata sta per cominciare. Dopo la
poesia, c’è un nuovo viaggio sul taccuino, un libro da esplorare, una bicchiere
dà sollievo. Ha inizio qui: il giorno dopo il medioevo.
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martedì 12 novembre 2013
Piume d'oca
Arrugginito dalla politica della notte. Mesto dirigi la
socialità altrove. Ancora un giorno di militanza fra cantine asciutte e orzo
d’autunno. Quando s’ha fatto l’inverno, non ci davamo più bastonate, la legna
serviva a scaldarci. Lungo le pieghe della settimana, scordammo quale fosse
casa, tutte le porte erano plausibili. Mi dici Separiamoci. La giacca ce l’hai,
il resto no. E' il tempo di andare.
Girovago bussi alla ricerca di un pasto, con lo zaino leggero lasciato
in qualche feritoia in piuma d’oca d'occasione. Non ricordi in quale. Col piatto rivolto al petto, quando s’apre
la porta, lo porgi caritatevole. Sorridi scorrendo la dignità. Ogni buona donna
apre con calore, madre di cui ti scordi alla svelta, quando il naso inspira la
sottile vestaglia cadente, ti culli nelle braccia larghe e petto infuori.
Dopo il pasto ami la crema rivoluzionaria del limoncello di
campagna. Arrotoli il tabacco, pulisci i piatti, ti pulisci il piatto. Lo
raccogli fra gli altri. Saluti. Ti chiedono Vuoi dormire? Rispondi che Vuoi
sognare ma non hai sonno. Anche oggi hai mangiato, forse dormirai sereno, chissà dove. Ti basta un
pasto al giorno, meglio la sera così lo stomaco non farà capricci. Così non ci
saranno incubi e non avrai bisogno di madri. Potrai essere solo con una donna qualunque. Ma un altro
giro di stelle è iniziato, non ti immagini quali piume d'oca ti reggeranno. Non puoi tirarti fuori. Non hai paura. E' tempo di andare. Forte Ferro sei pronto per salire nella politica della notte.
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