C’è un uomo alla finestra. Il suo occhio è un chicco di caffè,
lo sguardo è corrucciato, la vista è fissa nel sognante. Metodico col cuore, presta
gioie al vetro, pensa al passato, un sospiro e lungo. La moina del mondo è nascosta ma vitrea; è smorta. Furba. Un paesaggio desolato, la dimora
viva, celebre, ricca, gioiosa. Il palato fino, giudicante, ambizioso, sazio
di viola. Le sue vertebre piegate al sogno, il suo rifiuto scodinzolante al
mondo. Il suo gesto di cera, pacato, funebre. Le sue gambe tese, tremanti,
destabilizzate. Il suo occhio è un chicco di caffè, il paesaggio lo tiene
sveglio. Le mura di avorio lo soffocano, lo irridono, il nano verde lo stringe,
soffoca, la milizia lo gioca di olfatto. Emana versi sillabici, nessuna poesia,
solo qualche vocale. L’arte dell’eremita, il canone inverso, la scuola di
marzapane: qualche ricordo lo sfiora. Il realismo lo pervade e il respiro si
affanna, uno sguardo di miscela, la schiuma del vento. Sorte assassina. Morte e
pace.
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