Ho visto le migliori menti della mia generazione perdersi dietro
un bancone, murarsi in un amore, drogarsi e fare figli adulti. Tutt’altro che
nulla esclama il grande sciamano quando il treno parte, tutt’altro che niente
disse a bassa voce con i vetri sipario l’occhio di donna. L’alba negra corse su
comete alcoliche, versi mutevoli e simpatiche caldarroste fra gli
accaventiquattro e un pulcinella scalzo fatto da stoico bacco virtute. I binari
sbuffanti in canne di ghisa e frumento, di acciaio e stucco tossico erano buoni
per i ragazzini a secco di cosmo. Lei lo guardò, come non l’aveva fatto mai,
come aveva fatto sempre, con il cuore negli occhi di ghiaccio, negli occhi
belli suoi belli. Lui si assolse in un pianto lungo un metro, in un addio
fumario, dai arrivederci amore ciao, dai che insieme a te non ci sto più. Niente
nuvole lassù, un pezzo arancione che quando lo guardò sole giallo fu splendente
e vispo. Il nonno giovane adolescente della terra fiorì con la lupa e il
licantropo. Fate l’amore, quando il capostazione fischia, ragione nuda, che
vuoi che sia un vetro, che vuoi che sia un’isola, fate rosso il corto con
passione di tredici suore nuove di fronte al papa, fate di gusto, con dolore
fretta di spezie rubate ai mercati persici. L’esercito sfumò, la spesa, i
servizi, il dovere avere, il dovere avere le carte, il volere avere la fretta
lenta del partire col salire del giorno, la spudorata notte che non finisce,
tanto tanto prosegue nella vita colorita, si gioca nel cromatico spazio dei
cuori affogati in stanze di lacrime, in schizzi di verde smorto, in pioggia
neve sotto il vischio appeso ad una stella, di un bacio ladro malato, di un
herpes in un urlo di 12 ore. Gravida soffia, tiro una vocale, il Buongiorno è un morso. Il Buongiorno amici è un parto di cuore.
domenica 30 dicembre 2012
sabato 22 dicembre 2012
Finestra
C’è un uomo alla finestra. Il suo occhio è un chicco di caffè,
lo sguardo è corrucciato, la vista è fissa nel sognante. Metodico col cuore, presta
gioie al vetro, pensa al passato, un sospiro e lungo. La moina del mondo è nascosta ma vitrea; è smorta. Furba. Un paesaggio desolato, la dimora
viva, celebre, ricca, gioiosa. Il palato fino, giudicante, ambizioso, sazio
di viola. Le sue vertebre piegate al sogno, il suo rifiuto scodinzolante al
mondo. Il suo gesto di cera, pacato, funebre. Le sue gambe tese, tremanti,
destabilizzate. Il suo occhio è un chicco di caffè, il paesaggio lo tiene
sveglio. Le mura di avorio lo soffocano, lo irridono, il nano verde lo stringe,
soffoca, la milizia lo gioca di olfatto. Emana versi sillabici, nessuna poesia,
solo qualche vocale. L’arte dell’eremita, il canone inverso, la scuola di
marzapane: qualche ricordo lo sfiora. Il realismo lo pervade e il respiro si
affanna, uno sguardo di miscela, la schiuma del vento. Sorte assassina. Morte e
pace.
lunedì 10 dicembre 2012
Pittore
Mormora , la gente, mormora. Ride, la gente, ride. Osservo.
Un colpo di pennello per intingere sulla strada la pozzanghera in cui
affogherò. Un colpo per disegnare la cantina con la mia giovinezza. Un colpo
grigio topo per un cielo stanco. Un tocco di carne per le fossette dei sorrisi
abbandonati. Un boccale per specchiarmi nei versi dell’alcol. Un sentimento
celato fra i deserti della mente. Non vi osservo. Siete un filtro ottico, un
ambiente lungo una strada dritta e infinita. Un luogo di transizione, uno
specchio. E proseguo, senza specchiarmi. Rispecchiandovi.
domenica 2 dicembre 2012
Pioggia
Lampo di tuono. Pioggia. Non bagna. Mi muovo. Scende. Il
mio corpo fradicio. Mi fermo. Si ferma. Mi muovo. Si muove. Mi fermo. Il tempo
è robotico. Mi fermo coperto. Piove. Rischio. Mi fermo scoperto. Sul ramo la
foglia è verde. Sul fango la foglia è gialla. Si incontrano. Blu.
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