Non dire mio amico mio, non esiste, è una strada errata. Me
lo dicevi con una birra, poi con un cognac e infine a tutt’assenzio. Eri
sincero nei tuoi conflitti, dicevi: la carta d’identità mi opprime, fare il
biglietto in metropolitana pure, io voglio la terra. Tu con lei sei un tutt’uno, sei la
radice stessa, il cuore pulsante della terra, non rossa, quella sì che
spaventa, e poi ha un sapore strano. Non mi scrivi più, dici che il word ti
deprime, lasci bottiglie vuote senza messaggi, eppure hai molto da dire. Dici
che non riesci ad esprimere quello che hai dentro, ti fa triste, ti scoraggia,
ti fa brutto. I tuoi studi ti hanno ricondotto alla terra, senza citofono hai
costruito una casa di legno, una piccola cooperativa dove si lavora, non si
fatica. Vorrei raggiungerti, un anno sabbatico per l’Ulisse di Joyce nel tuo mondo Felice, ottima
scusa. Ma la piccola Libertà non veste di penne d’uccello, ha bisogno di me, ha pochi anni sulle spalle. Scusa se la vaporiera prosegue ed io con lei, ma son famoso; ho una figlia che m’aspetta.
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