Era in un armadio scheletroso dal bianco avorio e mille ceneri
lapillanti, fra le ansie dei motorini in fuga e i compagni infami, fra i giri
di parole e i codici personali mimetici con cui interiorizzava i sogni e
amplificava le paure altrui. Scriveva per esaltare l’aurora col cherosene. Alto fra i casti lugli. Rigido nei lunghi sogni. Vigilava insonne sulle macchie stanche di una strada folle, fra i cuscini della
notte che sono pali, vetrine e muri d'ospedale. Dissonante, bistrattato dal Sé. Mai un caffè, bastava il singhiozzo provocato per
restare sveglio. Sbandava alle nuvole radiografate dal lampo e crollava con le rocce di tuoni vive. Era una
stella in declino senza sosta né caduta. Amava gli infissi delle finestre dell'armadio con cui arginava e volava con il resto del
creato e non.
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