fogli, scontrini,
pezzi di cielo, persone.
Avevo la miseria in tasca
le scarpe in fuga
e la giacca a vento.
Non respiravo bene
palpato dall’arido,
carezzato dal fruscio di
carezzato dal fruscio di
muri, vetri
ospedali, cartoni.
Una lunga autostrada
ventricolare, un bacio al
barbone, alle colonne
greche urbane.
Respiravo fra le braccia
di casa, fra il ragno saporito e
l’albicocca crepuscolo.
Del timido altro
respiravo quando
lasciavo parole
al vento, a dio
al cuore. Morivo
appannato fra le vesti
di seta, fra il sottile
Incolto. Morivo di noia,
nell’oblio del pianeta
disadatto.
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