Un cane randagio con gli occhi lucenti, riflessi, naturali.
Vaga lasciandosi addomesticare, si lascia comandare per divertimento, per noia,
per conoscere. Biagio, chiamatelo così anche se il suo padrone lo chiamò
Libero. Piace a tutti perché non è di nessuno, perché puoi lasciarlo quando
vuoi ai bordi di una strada senza che i suoi occhi lacrimano. Si commuove con
una storia, lui è nobile nella sua pelliccia sfatta e disordinata. E’ un figlio
della cooperazione, dello stomaco. Pensa tanto, ronfa molto, mangia poco e beve
tutto. Il suo corpo è lontano dalla mente, la sua anima si cristallizza
nell’esorcizzazione della morte. E’ sempre in strada, ragiona su “come potrebbe
essere se” ma poi scappa, nulla resta se non il suo ricordo. E’ schiavo dei
ricordi, si sazia così, con i compagni di viaggio e le serenate silenziose. Ama
l’alba, ama chi lo accompagna sulle colline a mirare il sole nascente. Se piove
sorride, non si scrolla mai l’acqua da dosso, la fluidità di questa è la sua
ambizione. Spende il tempo e lo cura, cosciente che non ha padroni come lui.
Ama leggere i libri ingialliti, vivi e morti mille volte, rinasce anch’esso
dall’inferno. Ha occasioni con l’amore, perdendole, non le rimpiange mai, al
massimo ne cerca altre. E’ Libero e Schiavo, è ricco di materia e povero
d’animo, attende i fulmini per ammirare gli scheletri delle nuvole, ascolta i
tuoni ad occhi chiusi così che i massi rotolino dalla montagna, un rumore
pieno. E’ un cane randagio con gli occhi lucenti, riflessi, naturali.
lunedì 24 settembre 2012
venerdì 14 settembre 2012
Lettera a Baffo
E tu baffo mi dici di scriverti, di farlo per piacere, per amore, per passione. E io ti racconto del viaggio, delle 6 del mattino, del vino, delle urla interiori, delle foto improvvisate, delle strade a imbuto, della scelta: destra o sinistra: slitta l'auto e il muso si accosta a un millimetro dalla scelta: retromarcia: vado a destra. Le insegne autostradali, con l'asfalto commossa, si adagiano in terra, sembrano luci, riflettono le luci della mia auto. "Un amaro del capo, se non ce l'hai tira fuori quello più bollente, il peggio". Un lucano e poi via, fra i bracieri luminosi di cicche semispente sulla strada vuota, morta, approssimativa e stanca. Penso a lei, te lo dico, perché è tua sorella, forse è la sorella del mondo. Le comete alcoliche ci hanno condotto qui, fra un cane rabbioso e un me inadatto, lasciamo scorrere i fiumi del liquido a basso costo, lasciamo che la vita ci offra il da farsi: disoccupiamoci nel tempo libero, nel tempo vivo, per quello morto non ci resta che lavorare.
mercoledì 12 settembre 2012
Quando crollarono sembrava un film
Tornando agli occhi blu lucidi del cuore, del pianto greco,
dello schiavo magrebino, del mediorientale vittima. La provincia del mondo si
culla sulle rive del fiume buio, nella notte stellata, nelle bombe comete
lontane per ucciderci ma belle da mirare. La caduta dell'angelo inverso fu uno spettacolo. Quando crollarono
sembrava un film, con cineprese amatoriali per una scenografia da Ollivuud. Un
diluvio di paura e polvere, di macerie e corpi inermi, ben curati, morti. Ancora
un muro nuovo fra le province, fra gli umani, il terrore è ricchezza. La democrazia è l’illusione della scelta, la
schiavitù è libertà, se dovessimo scegliere saremmo imbarazzati, in difficoltà,
lasciamoci scegliere illudendo di scegliere. Continuiamo a vedere i parti cesari
nelle scatole in cui l’importante è l’offerta. Il nuovo nemico è cattivo, non
diverso. La sua cultura è disumana, non diversa. I suoi sovrani sono tiranni,
non diversi. Il racconto è funzionale, la narrazione è serva, il tempo è breve
ma non se sei scelto, quello è come l’illusione
della scelta, della comprensione, del giusto: è sempre una grande emozione.
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