Potrei parlare della città delle mele,
delle pere, del fumo, quella dove vige il consumo legale e non di sesso, di
quella ipermoderna o della regina alla cabina telefonica, di un amarcord
insomma. Potrei parlare del giorno di Natale, del 14 Dicembre o dell’11 giugno,
del giorno della morte di Cristo o di Che Guevara e invece no. Quel che mi
accingo a scrivere è il frutto della serata appena trascorsa, così vera da
sembrare noiosa, spero tu non legga e continui a scorrere la tua esistenza
anziché rallentarla per queste rigide righe prive di fantasia.
Ciò di cui parlo è la
notte degli encefalogrammi piatti, meglio chiamata come “la notte dei cervelli
pari”. Nel primo pomeriggio citofona la mia ragazza, Lei insomma, risorta dalla
particolare serata mi bacia con
allegria, con l’eccitazione che le ha fatto dimenticare le mutandine. Mia madre
donna tapis roulant si lamenta mentre stende i panni mentre mio fratello sbuffa
ad ogni passo, perché è così che ha imparato a camminare. Nel cortile murato c’è
lei, fuori luogo perché cervelluta, perché normale, a disagio perché le sue
unghie si stanno ritirando. Io passivo, schivo qualsiasi ambigua questione fra
le donne di casa e lei mi rinchiudo in una passatempo inutile. Avanzano le urla
e allo scrollarsi delle pareti tiro le code di tutte loro, le lego e compro
delle museruole. Decidiamo fra i pianti imposti dal prete di uscire per
acciuffare un po’ d’aria, lei si è messa una lattina fra le gambe mentre io ho
uno spago sul pene e al termine dello spago vi è una pietra. Incontriamo altre
persone vestite come noi, fra questi Hansel e Gretel stanchi di perdere
briciole e desiderosi di gettare vecchi dai cavalcavia. Ci invitano a seguirli,
fra noi uno sguardo di coppia risoluta la risposta è-perché no-
Lungo la via incontriamo
un tabaccaio, primo uomo del dizionario alla lettera t. Si vanta mentre emana
odore di sigaro e suda vapore nicotinato. …to be not continued…
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