Dopo i due caffè divisi fra loro due, i due come è solito ogni volta si accendono una
sigaretta con l'accedino, pare che dopo anni questo resti un atto illecito da trascorrere in intimità amichevole. Accesa.
Ti dicevo che forse ho capito cosa voglio essere da grande.
Cosa?
Uno scrittore.
Cioè, che lavoro vuoi fare?
Scrivere
Sì, ho capito, ma vuoi scrivere libri, vuoi che i tuoi libri
siano venduti?
No, voglio scrivere
Se scrivi libri non
scrivi?
No, non voglio scrivere per sopravvivere ma voglio scrivere
per vivere.
Allora vuoi scrivere sui giornali?
No, voglio scrivere.
Sì, continuo a dirti che ho capito, ma anche il giornalista
scrive.
No, non voglio scrivere perché devo scrivere ma voglio
scrivere perché voglio scrivere.
Ok, non ho capito.
Allora, ti replico la risposta, prima alla prima domanda poi
alla seconda: non voglio scrivere per fare lo scrittore ma voglio scrivere
perché voglio essere scrittore; non voglio scrivere perché devo scrivere ma
voglio scrivere perché voglio scrivere.
Mi puoi dire cosa vuoi essere anziché dirmi cosa non vuoi
fare?
Non voglio fare lo scrittore ma voglio scrivere perché
voglio scrivere e quindi voglio essere uno scrittore
E’ come fai a sopravvivere?
Te l’ho detto che non voglio sopravvivere ma voglio vivere.
E come fai a vivere?
Scrivendo.
E’ questo sarebbe uno scrittore?
No, questo sono io-scrittore.
I due spengono la sigaretta, un colpo di tosse e prendono il passo verso le rispettive stanze con le mani legate dietro la schiena, la coppola sopra la testa e il bastone che accompagna le loro stanche gambe all'ospizio in cui risiedono.