Dilapidare matrimoni lungo le rive dell’oceano, intrappolare
lo spreco delle gocce dal rubinetto pubblico con una guarnizione in gomma.
Riempire taccuini nel tentativo di descrivere il vento, i venti, i sospiri e i
sussurri. Annotare la lista della spesa per sgomberare il magazzino dei
pensieri. Stanchi di perdere ancora la fermata dei missili spaziali. Viaggiare lungo
un sorriso di un’ancella, soffiare i suoi capelli come foglie, ondulanti versi
colati sulle efelidi estive. Saltellare tra fontane chiare lungo i campi fino a calpestare improvvise
città. Nuotatori dilettanti spalmati su quartieri dorsali e miserevoli strade.
Rimbambiremo le nuvole figlie dei treni, tra le mani c’è l’intelligenza,
maestra artigiana dalla luce fiacca ma prolungata e presuntuosa del dio futuro.
Giocolieri annoiati ci rallegreremo sotto le cascate metropolitane dei panni inzuppati del terzo piano sotto cui laveremo i nostri visi, i
nostri vestiti, i nostri corpi. E infine torneremo alla panchina, come ogni notte, dove
saranno nuovi i sogni di cartoni riscaldati per fare l’amore con le malattie
del posto.