giovedì 30 settembre 2010

Capitolo II: Dolore

Sono in un vaso tarantino del V secolo a.C., fluisco rosso da un anfora,mi spargo nella gola pronta a deglutire, una torre gemella in rapida ascesa questo è il singhiozzo. Vidi l'Ancella nello stomaco danzare sul fuoco mentre io caldo sudavo e morivo soffocato dal fumo. Dipinse con nastri dorati con voce blu il suo cervello, i neuroni fritti sgozzavano la stanza e rilasciavano bollicine iperattive che cospargevano, dal vuoto di cielo, eccitazione per le piazze. Gli scarsi segugi si dimenarono fra la folla in fuga e le donne per paura di una demenza sessuale scelsero nel panico i giovani adepti per l'atto. I prodi del Re rilanciarono la carta da gioco sperando di spostare l'assetto, questo mosse pedine nere e camice bianche senza coinvolgere le cravatte, non c'era più consenso lì a Lilliput, e il regno cessò. Ogni assetto modificato è un assetto da assestare, ripeteva con saggezza il vecchio, i bimbi non lo ascoltarono e condussero il Venerdì di sangue sul world wide web, la sera venne meno e il tramonto fu bieco, bianco, privo di una reale funzione, nessuno dormì fin quando la notte non fu imposta dalla pistola del carro, non vi fu più giorno nè tramonto ma solo fasi banali e ripetute divenute dimora del dolore collettivo, per paura non vi furono altre fasi. Quindi non le posso raccontare.

lunedì 13 settembre 2010

Capitolo I(Io abitante)

Sì.Ero del clan.Di quelli forti e silenziosi dentro i quali i membri godono di privilegi accompagnati da doveri.Quei doveri che danno soddisfazione,che se ti van male hai segni da mostrare alle donne lì a guardare,con ansia sessuale.Ero ancora minorenne quando le valigette nere si aprirono lungo la strada,prima di essere noto nel quartiere però ne scorse di sudore ed epinefrina.Iniziò tutto quando il mio amico Dedè mi propose di comprare più di quanto ci serviva dal sempre impegnato bancomat della felicità.Ero titubante sul fatto che c'era da trattare male gli amici ma il risultato era un coltello nuovo di zecca,bello,il primo con il quale tutto ebbe inizio.Prendemmo una quota più alta il turno successivo e la risultante fu:una bilancia,tanta allegria e una pipa.Nel periodo di Natale decidemmo di riciclare le pensioni e di darci ai ricchi affari.Fu festa grande attorno a noi,Dedè pensava in grande e sperperava come un imperatore.Le ragazze attorno a lui fluttuavano come nubi di lento spirare.Dedè al bar era il primo a essere servito e fu tra i due il primo ad essere preso.Nella zona dei delfini venne colto mentre scopava con una negra,due carabinieri lo beccarono e lo portarono via quando ancora doveva sbrottarsi le palle.Dopo varie minacce e botte gli trovarono,fra le manganellate impresse a fuoco nel corpo e nel cervello,una buona dose per sbatterlo dentro,redimere la chiave dalla zona e isolarlo con poco e niente.I ragazzi di borgata oggi non hanno avvocati anche quando ce li hanno.Decisi di continuare l'attività,almeno fino a quando non avevo raggiunto il pensiero economico prefisso,poco tempo dopo un signore mi propose un affare con le assicurazioni truccate e incidenti fasulli.Guadagnai abbastanza per allargare il giro oltre il quartiere,di rischi ve ne furono ma un giorno passando come al solito per la macelleria di Don Ciro le porte si spalancarono e la paura fu grande ma l'emozione di entrare e uscire vivo e vegeto  mi rese uomo.Un uomo.Di quelli con pochi averi certo,che forse non era bello nè ricco,ancora in prova ma forte di una spalla da uno del clan che tutti conoscevano nel quartiere come CumuloDiOssa che mi propose un lavoro al porto.Fui il migliore dei ragazzi tirocinati e da qui tutto ebbe inizio o fine.

mercoledì 8 settembre 2010

Riflessioni esistenziali poco razionali

Si sudava così vicini, infatti ogni giorno ci scansavamo un pò, quel tanto per dire amore e quel pò per non urlare, tu nuda dei tuoi vestiti e io dei miei apparecchiavamo i jeans alla sera per gustare film d'autore sperimentali, costruivamo nubi di fumo in quella 2x3 con croci di legno a far da pavimento e scritte a coprire ogni impudicizia. Empirici oggi continuiamo ad avere una santa dicotomia, le crude stelle divoran quell'olocausto che è la luna, la tua casa e la mia in direzioni opposte e parallele, le nostre vicende teoriche degne della vecchia Europa, degna di parolacce transatlantiche e di voci bastarde del cervello mi davano mille direzioni, indegno e scuro concludevo il tutto con un nulla, anche se fosse morto un uomo ai miei piedi, nulla sarebbe accaduto. Ci ripenso nemmeno tanto scuro, perchè questo pian piano si fa chiaro, direi grigio, nero come non vorresti ma neppure bianco, in fondo l'uomo è masochista per natura. Oggi leggo molti giornali, ritaglio i pezzi di cronaca nera, specie quelli sulle famiglie, amanti e casi di stupro, in fondo l'uomo ama la morte e il sesso, null'altro. Secondo la matematica che una cosa non possa accadere non solo è impossibile ma è sicuro che questa accada. Il paradosso è che sta tutto nella dose di masochismo padrona del cadavere umano e per quanto tempo si resta distratti prima di cadere di nuovo nell'infausto turbinio di sanguemiele. Amo i traumi postumi alle vicende, quelli che piovono dal cielo e vai in crisi senza capire il perchè. Sarà che la fuga dall'immagine non esiste e anche la vita di un piccolo essere non è altro che un simbolo. Calpesterò ogni tradizione, perchè le feste popolari non sono altro che i funerali di queste, nulla è eterno. E' tempo di capirlo. L'abitudine è un verme solitario ti svuota ma non ti ammazza altrimenti muore anche lui, ecco io guaio, ecco l'uomo. 

giovedì 2 settembre 2010

Blasè


I falsi coralli si diramano per strada strisciando mutevoli e mutati, il loro principio era ben diverso quando fuori dal guscio uscirono, erano la risultante di una famiglia la quale era degna di esistere. Il vero corallo però insediava le loro vite e i piccoli e viscidi serpentelli di campagna decisero di somigliargli cosi da non poter essere mangiati in quanto apparentemente suoi simili ma in sostanza privi della forza che rende il corallo egemone fra le famiglie della piazza. Divennero identici, per il bosco vagavano solo coralli, veri e falsi, questo processo di discontinuità si chiama imitazione e nasce dalla paura, come ogni piccolo uomo, come me, no stress sono un Blasè
Il drago era sveglio e mi puntava con il suo sguardo fisso, immobile, freddo, avevo paura ma non potevo muovermi i suoi occhi mi controllavano, c'era una mazza accanto a me e lui era ancora statua, cerco di prenderla e nulla cambia, questo resta fermo a scrutarmi quasi con un'aria di superiorità, presunzione, ero convinto di doverlo uccidere. Un colpo secco e apre gli occhi!quelli erano i finti occhi servivano appunto per questo, lo colpisco ancora prima della sua reazione e lo guardo negli occhi, cala la maschera, i baffi si rinsecchiscono in un istante. Ho ucciso un povero animale innocente che non bramava desiderio alcuno di dormire. Nessun trauma per me sono un Blasè. 
Il mio iguana era da un mese fermo, immobile, come il drago prima citato, non mangiava, ne si muoveva, stava sopra il pianoforte con il quale si era creato un certo feeling, credevo fosse semplicemente in una fase della vita  durante la quale si sta così semplicemente a svuotare la mente, per non commettere errori decisi di lasciarlo solo e immobile nel suo mondo. Tutto procedeva con calma fino a quando una notte mi sentii soffocare, era la sua morsa, il territorio era suo, la mia tomba coincide con la fine delle mie esperienze con gli animali. 
Fortunatamente sono un blasè e quindi attutisco tutti i colpi,  l'attitudine al sentimento è nullo in quanto il mondo opaco, il grigio dello zoo metropolitano delude ogni minima aspettativa di sensibilità rispetto a qualunque cosa. Potrei scrivere qualcos'altro ma è inutile, non serve. Sono morto.